L’ufficio di presidenza del Pdl, con 33 voti favorevoli su 36, ieri sera ha approvato un documento molto critico nei confronti di Fini, nel quale vengono tra l’altro deferiti ai probiviri tre componenti della minoranza finiana come Italo Bocchino, Carmelo Briguglio e Fabio Granata.

Il testo, di sei pagine, è stato letto dallo stesso Silvio Berlusconi nella conferenza stampa che ha chiuso una giornata di indiscrezioni sull’ipotetica scissione del Popolo della Libertà.



Il premier, fin dal mattino, aveva fatto capire di non voler accettare la tregua offertagli in extremis da Gianfranco Fini dalle colonne de Il Foglio di Giuliano Ferrara (“resettare tutto, senza fraintendimenti”).

Se però il deferimento dei finiani che più si erano contraddistinti nella polemica interna non ha sorpreso nessuno, in molti non si aspettavano una così chiara sfiducia del partito verso l’operato di Fini come terza carica dello Stato: «Viene meno la fiducia del Pdl – recita il documento – nei confronti del ruolo di garanzia di Presidente della Camera indicato dalla maggioranza che ha vinto le elezioni». Su questo punto delicatissimo il premier ha poi dichiarato di lasciare «che siano i membri del Parlamento ad assumere iniziative al riguardo».



«Al momento  – dice Stefano Folli a IlSussidiario.net – abbiamo l’ennesima conferma di ciò che sappiamo da diverso tempo: Berlusconi e Fini sono agli antipodi e al momento, ancora separati in casa. La svolta sembra davvero vicina, ma si realizzerebbe solo se nascesse davvero un nuovo partito guidato da Fini. Lo scenario cambierebbe completamente e solo a quel punto si potrebbero valutare effettivamente le conseguenze, a mio parere del tutto negative, per la maggioranza e per il governo».

Ci sono ancora i margini per un insperato compromesso tra i co-fondatori del Pdl?

La ricerca di un compromesso non sembra certo all’ordine del giorno. Se però oggi Fini si limitasse  a dire che il deferimento è una grossa prevaricazione, rispondesse sul piano politico alle pesanti accuse e non considerasse la censura politica di ieri una ragione valida e sufficiente per andarsene, saremmo ancora al punto di partenza.



Nell’intervista del Presidente della Camera a Il Foglio si poteva leggere la consapevolezza di aver tirato troppo la corda e la voglia di provare a rimediare?

 

Io ci ho letto la volontà di continuare a tirare la corda, ma dall’interno del Pdl. Se da un lato siamo a un passo dalla rottura, dall’altro credo comunque che su ciò che potrà succedere nelle prossime ore influirà soprattutto la reale forza di cui può disporre Gianfranco Fini, più che la volontà dei due leader.

Cosa intende?

Se i deputati pronti a seguire Fini fossero davvero 30, la maggioranza, tenendo conto anche del gruppo dei dissidenti di Lombardo, non ci sarebbe più (i deputati finiani che avrebbero già firmato una lettera di dimissioni dal gruppo parlamentare del Pdl della Camera sarebbero già 34 ndr).
Se invece il Presidente della Camera avesse dalla sua parte solo una manciata di parlamentari pronti a rischiare con lui Berlusconi farebbe bene a tirare dritto verso la scissione, al di là dei problemi tecnici e burocratici dell’operazione.

Nei giorni scorsi si è parlato però di una “campagna acquisti” del Presidente del Consiglio che permetterebbe al governo di sopravvivere comunque a questa eventuale emorragia…

Mi sembra sinceramente un ritornello sentito troppe volte e che non ha mai portato a grandi risultati. È un argomento teorico che Berlusconi ha usato spesso anche nei confronti dell’Udc. Non mi sembra però che Casini negli ultimi tempi abbia perso poi così tanti deputati. Forse è tardi per annunciare queste contromosse.

Le espulsioni di Bocchino, Granata e Briguglio sono invece cosa fatta?

Il deferimento ai probiviri è una cosa diversa dall’espulsione che, anche per ragioni di ordine tecnico, può essere molto più complicata di quanto sembri. Stiamo parlando poi di un organismo di partito che non si è mai riunito e che potrebbe essere convocato addirittura per settembre.

Berlusconi rischia perciò di incassare una vittoria simbolica che però potrebbe ritorcersi contro di lui e contro il governo?

 

 
 

Berlusconi ha scelto la prova di forza, rischia però di ritrovarsi in una situazione paradossale. Se oggi infatti può ignorare l’ex leader di An e gestire il partito in relativa autonomia, provocando la scissione rischia di aumentare a dismisura il condizionamento di Fini e delle sue truppe. Berlusconi potrebbe infatti ritrovarsi fra poco tempo ai piedi di Fini, a quel punto leader di un altro partito, a elemosinare il sostegno dei vari provvedimenti del governo, rischiando un pericoloso effetto a catena.

Cosa intende?

Pensiamo alle riforme più impegnative e ai provvedimenti più controversi: in questo nuovo scenario la riforma della giustizia non passerebbe mai, il federalismo andrebbe ridiscusso e così via. Le conseguenze sui rapporti interni al governo sarebbero abbastanza prevedibili, basti pensare alla Lega.

Se Berlusconi sembra avere molto da perdere da questa soluzione, conviene a Fini farsi cacciare? o non ci sarebbero “né vincitori né vinti dopo la mattanza” come diceva nell’intervista lo stesso Presidente della Camera?

Probabilmente la scissione non conviene a nessuno dei due e lo stesso Fini avrebbe fatto bene a favorire dall’inizio, un negoziato per un nuovo patto di convivenza, all’interno del Popolo della Libertà.

(Carlo Melato)

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