Il divorzio tra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini si è consumato. Sono da poco passate le 21 quando Berlusconi, seduto dinnanzi a un plotone di microfoni puntati su di lui dà lettura della bozza del documento approvato dall’ufficio di presidenza del Pdl che di fatto “mette alla porta” Gianfranco Fini e i suoi fedelissimi.



Trentatré membri dell’ufficio politico su trentasei hanno votato il documento di sei pagine che sancisce una rottura insanabile con il cofondatore del Pdl. Che Berlusconi non fosse disposto a recedere dalle sue intenzioni lo si era capito già nella giornata di ieri. Una conversazione tra il direttore de Il Foglio, Giuliano Ferrara e Gianfranco Fini aveva cercato di aprire qualche spiraglio, ma il Cav. aveva detto no. Non “no, grazie”, ma “no, basta!”.



Subito Bocchino si era affrettato a ribattere dalle colonne de La Stampa (una velocità quasi miracolosa) che sì, in effetti, la parte dell’intervista diffusa in anteprima era solo quella più conciliante. Apprezzabile senso di responsabilità, ma…

Quel “ma” si è concretizzato in serata. Volto tirato del Cavaliere, una camera spoglia, una telecamera traballante e – dicevamo – una ridda di microfoni pronti a raccogliere la fatidica frase: «Per queste ragioni questo ufficio di Presidenza considera le posizioni dell’On. Fini assolutamente incompatibili con i principi ispiratori del Popolo della Liberta’, con gli impegni assunti con gli elettori e con l’attivita’ politica del Popolo della Liberta’. Di conseguenza viene meno anche la fiducia del PdL nei confronti del ruolo di garanzia di Presidente della Camera indicato dalla maggioranza che ha vinto le elezioni».



 

 

Cioè, caro Gianfranco dimettiti. Sei fuori dal Pdl non ci rappresenti e per le tue posizioni non rappresenti nemmeno più quell’elettorato che ci ha votato e ti ha permesso di prendere posto sulla poltrona della terza carica dello Stato.

 

Secca e immediata la replica di Fini: «La presidenza della Camera non è nella disponibilità del presidente del Consiglio. Io non mi dimetto». Ma la rottura ormai è consumata. Ma Berlusconi, che esce vincitore su tutta la linea dall’ufficio di presidenza del Pdl, ha davvero sconfitto Fini? Questo è tutto da vedere. Il presidente della Camera ha già messo in campo le contromosse.

 

Istituzione "immediata" di gruppi parlamentari autonomi (pare che le dimissioni di massa dei finiani siano quantificabili in 34 deputati e 14 senatori), fine della sovraesposizione mediatica dei luogotenenti e… fedeltà al governo e agli elettori.

 

E’ questo il "partito-nel-partito" con tanto di tesseramento a cui accennava Berlusconi? E come si comporterà questa nuova forza politica? Certo, è presto per dirlo, anche perché sui numeri bisognerà aspettare di vedere non solo chi e quanti aderiranno al Gianfranco’s fan club parlamentare, ma anche tra coloro che lo faranno resteranno saldi alla prova del voto.

 

 

Si, perchè è sui singoli provvedimenti, a questo punto, che i finiani saranno pesati. E non è un caso, che questi chiarimenti siano arrivati a manovra approvata. Insomma la partita politica nel centrodestra è cominciata davvero, questa volta a carte scoperte. E tutti attendono Fini nella conferenza stampa che secondo i bene informati è prevista per la mattinata di oggi. Per ora Silvio ha fatto scacco, adesso la mossa tocca a Gianfranco.

 

 

 

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