La distanza tra Berlusconi e Fini è ormai un abisso incolmabile anche agli occhi dei “pontieri” più ottimisti. La bufera che si è scatenata grazie allo scandalo della casa monegasca di Fini, le richieste rivolte al Presidente della Camera da parte dei berlusconiani e le minacce dei futuristi di “alleanze inedite” o di sorprese sul conflitto di interessi fanno capire che la rottura è davvero irreversibile.



Al centro, intanto, l’Udc sembra aver raffreddato i primi entusiasmi da “terzo polo” dopo le aperture alle coppie di fatto del finiano-radicale Della Vedova, mentre il centrosinistra è ancora fermo al bivio: prepararsi al voto come vorrebbe di Pietro o sperare, come fa Bersani, in un governo di larghe intese che chiuda per sempre l’era Berlusconi?



«Il quadro sarà anche confuso – dice Piero Sansonetti a IlSussidiario.net -, ma ciò che sappiamo per certo è che alle ultime elezioni gli italiani hanno preferito Berlusconi a Veltroni e Bertinotti. In caso di crisi l’unica ipotesi legittima è quella del voto. Governi tecnici, o di emergenza nazionale, che escludano Berlusconi e comprendano tutti gli altri, porterebbero al rovesciamento del verdetto elettorale».

Chi sostiene queste ipotesi parla però di emergenza nazionale e di una legge elettorale da cambiare assolutamente…

Non c’è nessuna emergenza, dopo le elezioni la nuova maggioranza potrà scegliere se cambiare la Costituzione o la legge elettorale. Aggiungo: gli ultimi ribaltoni a cui abbiamo assistito erano criticabili, ma legittimi, perché messi in atto da deputati che erano state eletti a uno a uno. In un Parlamento di “nominati”, come quello che abbiamo oggi, la situazione invece è molto diversa.
Devo poi registrare un curioso rovesciamento di posizioni tra la sinistra moderata e quella radicale.



A cosa si riferisce?

La sinistra estrema è sempre stata favorevole al proporzionale e alla democrazia parlamentare, fino a quando, un bel giorno, la sinistra moderata spiegò a tutti che la democrazia vera era quella “di mandato”, maggioritaria. Su queste basi nacque il Pd.

Oggi invece?

La sinistra radicale andrebbe volentieri al voto con questa legge, ma secondo quella moderata non si può più fare. Il motivo di questo cambio repentino d’idee è però evidente. La sinistra radicale ha un leader ad hoc che vincerebbe le primarie e potrebbe duellare ad armi pari con Berlusconi: Nichi Vendola. La sinistra moderata invece è senza leader e porta avanti un’“ideologia variabile” grazie alla quale si affermano grandi valori che si possono cambiare in base alle circostanze.
Era intuibile che il Pd provasse a rimandare le primarie, ma devo dire che fa un certo effetto vedere Bersani aprire al “governo Tremonti” o Grillo auspicare la leadership di Montezemolo. In entrambi i casi si verificherebbe la “svolta a destra”.

Cosa intende?

Non è un mistero che l’attuale ministro dell’Economia è il leader di centrodestra più legato a una politica rigorista di destra e che Montezemolo è l’ex capo di Confidustria e della Fiat. Sarebbe una consegna del potere, senza mediazioni, a quello che un tempo avrei chiamato il “patronato”. Leggermente diversa l’ipotesi di un governo tecnico affidato a Draghi, un economista di centro associabile a entrambi i poli, ma sicuramente più a sinistra di Berlusconi.
In ognuno dei tre casi, a mio avviso, stiamo comunque parlando di opzioni antidemocratiche, anche se gradite ai poteri forti.

Lei non sembra credere al ritornello secondo il quale i poteri forti non esistono più: “la magistratura non è quella di Tangentopoli, la Fiat non è quella degli anni d’oro, Montezemolo non è Cuccia”…

Certo che i poteri forti esistono e che cercano di influenzare la politica. Forse l’Italia non interessa più alla Cia e agli americani, ma alla tecnocrazia europea sì.

Non darà ragione al ministro Sacconi che giorni fa puntava il dito contro quel “coacervo di forze” che rema contro il Governo?

Sacconi ha tutte le ragioni di questo mondo, non se la prenda però perché è sempre stato così: sono gli stessi che liquidarono Prodi.

Scusi, ma lei di chi sta parlando?

Mi riferisco principalmente a un pezzo consistente della borghesia italiana che non sta con Berlusconi e che muore dalla voglia di sbarazzarsene. Parlo di De Benedetti, Montezemolo, la Fiat, Della Valle e tanti altri… Sono forze che da un lato tifano per la “virata a destra” di cui parlavamo prima, perché sognano un governo più liberista e confindustriale, e dall’altro sanno benissimo che non possono battere Berlusconi se non si alleano con la sinistra. Se è per questo nemmeno la sinistra può vincere senza di loro, ma c’è un problema in più.

Quale?

Se a sinistra Vendola riuscisse a imporre la sua leadership, tra l’ipotesi di società che hanno in mente questi signori e quella dell’attuale Presidente della Regione Puglia ci sarebbe un abisso. Ecco perché per la sinistra il momento è particolarmente delicato. Non si tratta di scegliere, come in passato, tra Veltroni, D’Alema, Prodi o Fassino. La scelta è più radicale: o Draghi o Vendola.

Berlusconi e Vendola quindi hanno dei nemici comuni, e forse non solo questo. Non per niente nel caso del presidente pugliese si parla di “berlusconismo rosso”. È solo una forzatura giornalistica?

Non del tutto. Vendola è la novità, dopo 16 anni anche la sinistra ha un vero leader carismatico. Le idee sono opposte rispetto a quelle di Berlusconi, ma rimangono alcune caratteristiche simili.
In pochi sembrano crederci, ma Vendola può davvero battere Berlusconi, grazie al suo consenso al Sud, a quello che rappresenta e anche all’età.  È presto per fare previsioni, anche se per un duello di questo tipo mi aspetto un testa a testa deciso da pochi voti. 

 All’interno di questo scenario come si colloca Fini?

Sul Presidente della Camera farei una premessa. Mi ero indignato, ai tempi, per la campagna cavalcata dalla sinistra sugli scandali sessuali di Berlusconi, allo stesso modo trovo insopportabili le richieste di dimissioni al Presidente della Camera per la questione della casa di Montecarlo. La politica è politica, la magistratura fa il suo lavoro e quando deve farlo emette le sue condanne. Lo stesso concetto avrebbe dovuto valere anche per Scajola, Brancher o Cosentino.
Il fatto è che in un paese normale forcaioli e garantisti si affronterebbero alla luce del sole, da noi purtroppo si passa continuamente da uno schieramento all’altro, nel giro di qualche minuto.

A cosa si riferisce?

È credibile che Massimo Giannini, dalle colonne di Repubblica, accusi la “fabbrica del fango” che sta colpendo Fini? Come fa lo stesso Casini a puntare il dito contro lo “squadrismo” che colpisce l’ex leader di An a pochi istanti dalla mozione di sfiducia contro Caliendo su cui si è materializzato il suo “terzo polo”, peraltro irrealizzabile in questo sistema…?

Tornando a Fini. Se il “futurista” Granata annuncia alleanze inedite è ancora fantapolitica immaginarsi il leader di “Futuro e Libertà” alleato con la sinistra e con Di Pietro, magari in nome della legalità?

Difficile da prevedere, ma non è certo fantapolitica. I poli sono due e rimanere fuori è rischioso per tutti. Fini poi negli ultimi anni ha modificato completamente il suo sistema di valori e ha fatto suoi alcuni ideali della sinistra. Sui temi della laicità, sulle coppie gay è già più a sinistra dell’anima cattolica del Partito Democratico, sui valori dell’accoglienza e della solidarietà ha rovesciato le sue posizioni precedenti grazie alle sue proposte relative alla cittadinanza e al voto agli immigrati.
Per chi come me è di sinistra Fini è un leader politico decisamente interessante, al di là del suo passato. L’unica cosa di destra che gli è rimasta è la legalità.

(Carlo Melato)