Centristi scissionisti, sotto-futuristi, meridionalisti di “Noi Sud”, repubblicani. La politica italiana si interroga sull’eventuale stampella che potrebbe rinforzare il governo Berlusconi, a una decina di giorni dalla fiducia.
Aria di scissione inizia però a respirarsi in tutti i partiti. Nel Pd l’entrata a gamba tesa di Veltroni nei confronti di Bersani ricorda a qualche opinionista la guerra di logoramento che Fini ha condotto in questi mesi nei confronti di Berlusconi.
Al documento di Veltroni (sottoscritto anche da Fioroni), intanto, Pier Luigi Bersani ha voluto ribattere: «La cosa normale è che in un grande partito senza padroni si discute – ha detto il segretario del Pd da Bruno Vespa -. La cosa meno normale è il modo, il tono e il momento perchè noi dovremmo occuparci del Paese e non guardarci la punta delle scarpe o fare un pacco dono a Berlusconi».
Anche al centro però i guai non mancano. Michele Pisacane, espulso dall’Udc, attacca: «Cesa dovrebbe mettersi d’accordo con se stesso perchè la mia vicenda politica è dimostrativa del fatto che si è ridotto al ruolo di buttafuori del dissenso. Io aspetto di essere convocato dai probiviri per spiegare loro le mie ragioni. Nel frattempo Cesa spieghi come, un partito come l’Udc, possa non tollerare il dissenso, dopo avere applaudito, spellandosi le mani, Gianfranco Fini quando questi dissentiva da Berlusconi».
La partita nell’Udc è aperta, i malumori dei siciliani (Mannino, Ruvolo, Drago e Romano) non sono rientrati. Sotto accusa la linea di Casini, troppo vicina al Pd e poco sensibile al garantismo. E sempre in Sicilia potrebbe nascere una nuova maggioranza Lombardo comprendente Pd, Api e Mpa. Caustico il pidiellino Nania: «In due anni quattro governi. Non c’è che dire, una bella media. Il messaggio di Lombardo è chiaro per chiunque: non esistono partiti, non ci sono regole, non esiste una coalizione, chiunque deve avere a che fare con me e deve rispondere a me».
Ma c’è dell’altro, i famosi cinque punti del premier dividono i centristi. Paola Binetti, indicata dai giornali come una delle voci più favorevoli ha però chiarito: «Un no chiaro e tondo alla possibilità, anche remota, di votare la fiducia al governo nel suo prossimo passaggio alla Camera. Non è in discussione la condivisibilità dei 5 punti che saranno proposti dal capo del governo, che appaiono fin troppo generici e probabilmente anche velleitari in questo momento politico, ma la coerenza effettiva della loro attuazione e le modalità reali con cui saranno proposti ai cittadini».
I conteggi e le campagne acquisti continueranno probabilmente fino al 28 settembre, data del voto. Se però le espulsioni, la democrazia interna al partito, le correnti e le scissioni sembravano problemi esclusivi del Pdl, anche al centro e a sinistra inizia a sentirsi la stessa musica.