Il Partito Democratico è in subbuglio e sembra volersi complicare la vita proprio quando è il Popolo della Libertà ad attraversare la crisi più difficile dalla sua nascita ad oggi.

Walter Veltroni è il protagonista di questa nuova lotta interna. Con il suo documento, firmato da 75 parlamentari (tra cui Fioroni, Melandri, Realacci, Minniti e molti altri), ha contestato la linea del partito e ha certamente messo un macigno sulla strada che portava Bersani alle primarie.



Resta da capire se l’idea originaria era quella di un movimento o di una corrente interna e quale siano a questo punto le reali intenzioni dell’ex segretario. La bufera nel frattempo è scoppiata. Secondo Nichi Vendola “non si capisce la natura politica della contesa, è preoccupante la disputa tra le persone. Penso che il centrosinistra debba concentrarsi sul Paese e guardare alla profondità della crisi”.



Filippo Penati rincara la dose: “Credo a chi dice che volessero aiutare il partito, ma l’effetto è stato deflagrante. Sostengono che la segreteria Bersani è tornata al passato? Ingiusto e inverosimile. E vorrei capire cosa è nuovo e cosa è vecchio. La vocazione maggioritaria è nuova e le alleanza sono vecchie? La rabbia nei circoli e nelle feste per quel documento è significativa”.

Il sindaco di Torino, Sergio Chiamparino, si schiera però con Veltroni: “Discutere non significa spaccare.

Ma qual è il motivo di queste divisioni interne, che emergono proprio quando è Berlusconi ad andare in crisi e a dover affrontare la scissione del Pdl? Ernesto Galli della Loggia prova a dare una risposta dalle colonne del Corriere della Sera.



 

"C’è un solo vero vantaggio strategico che la destra italiana ha sulla sinistra. La destra ha un capo, la sinistra no – scrive l’opinionista sul Corriere di oggi -". Della Loggia fornisce poi tre argomentazioni alla sua tesi: l’incapacità dello stesso Pd di avere un capo, la divisione ideologica della sinistra ("A sinistra il principale interesse politico non è la vittoria sulla destra, ma il mantenimento in vita delle proprie subidentità"). Da ultimo, "il forte elemento antigerarchico presente nella cultura della sinistra".

"Berlusconi dipinto incessantemente come "duce" – conclude l’articolo – ha prodotto l’effetto di squalificare ulteriormente ogni idea di comando, di capo. A ciò si è aggiunto l’attrettanto spasmodico e conseguente pregiudizio antipresidenzialista. Consacrato da una Costituzione che, si dice, sancirebbe la suprema ridicolaggine politica che un Paese possa essere governato non da un capo, ma da un "primus inter pares".