«Ho sempre sperato che Casini potesse dimostrare al Paese di essere il leader necessario per affrontare questa delicata fase della politica italiana – dice Calogero Mannino a IlSussidiario.net -. Dopo ciò che è accaduto però bisogna rimettere tutto in discussione». Mannino, più volte ministro della Democrazia cristiana, oggi parlamentare dell’Udc, è alla guida dei cosiddetti “dissidenti siciliani” che contestano la linea del leader centrista. Dopo lo scambio di accuse di questi giorni, la frattura tra Casini e gli esponenti del partito che non entreranno nella nuova giunta Lombardo (con Fli, Api e Pd) e che criticano la richiesta di dimissioni rivolta al premier sembra però davvero difficile da sanare.

Pochi giorni fa il leader dell’Udc ha fissato per il 25 settembre una manifestazione in Sicilia e ha dichiarato: “il partito non è una caserma, chi ha cambiato idea è giusto che vada dove ritiene più opportuno”…

Guardi, le sue frasi confermano solo che pensa al partito come a una cosa sua. Per il resto, venga pure, gli amici lo andranno a salutare.

Lei sarà tra questi?



No, no. Non ci andrò, sto ancora attendendo le sue scuse.

Facciamo un passo indietro. Le ragioni del suo dissenso nascono a Chianciano o hanno radici più profonde?

La mia critica viene da molto più lontano e potrei sintetizzarla in tre punti. Il primo: l’annuncio del “Partito della Nazione”. È un’esigenza riconosciuta che l’Udc debba trasformarsi e aprirsi al contributo di altre esperienze, ma questo deve avvenire mantenendo saldo il legame con una tradizione politica precisa, in difetto della quale questa formazione diventerebbe soltanto un rassemblement occasionale e transitorio. La tradizione è una, quella popolare e democristiana, e non mi risulta che la parola “nazione” trovi spazio nel catalogo delle idee di questa storia.



Il secondo?

Fin dal 2006 l’Udc ha sempre dichiarato che avrebbe condotto la sua battaglia contro il bipolarismo. Quando Fini ha aperto la crisi nel Pdl la linea dell’Udc andava mantenuta ferma, al di fuori dei poli. La reazione di Casini, fragile nella motivazione politica, ha chiarito a tutti che il leader centrista stesse lavorando alla crisi del Pdl non tanto per rilanciare il terzo polo, ma per creare un polo nuovo, fondato sull’alleanza organica con il Pd.
Il terzo punto è semplicissimo, su questi temi non è mai stato possibile avere un confronto sereno, condizione indispensabile in un partito partecipato e democratico.



Il tradimento di una tradizione politica e dell’obiettivo dichiarato di costituire un terzo polo, nonché la denuncia di scarsa democrazia interna non sono accuse da poco…

Le dirò di più, gli errori non finiscono qui. Dopo che Fini, con la costituzione di Futuro e Libertà, ha confermato  di essere parte del centrodestra, con un’iniziativa personalissima Casini ha invocato la crisi di governo. Si può davvero credere che il Presidente della Repubblica, proclamando ai quattro venti che i problemi del Paese sono prioritari, abbia voluto fare un favore a Berlusconi? Era invece un richiamo di responsabilità in ragione dei problemi delicati che l’Italia si troverà a dover affrontare molto presto.
Tutti questi sono indizi di una conduzione politica sbagliata e disinvolta, che ha nuociuto all’immagine dello stesso Casini.

Lei ha anche dichiarato di essere parte di quella “Dc assassinata” di cui Casini dovrebbe andare fiero. Al suo leader non rimprovererà anche un improvviso giustizialismo?

C’è una “piega oscura” nelle convinzioni che manifesta e nei comportamenti che ha mantenuto.

Cosa intende dire?

Mi riferisco all’instaurazione di un rapporto non già col Pd, ma con qualche esponente del Pd che ha impersonato il giustizialismo strumentale di questi ultimi vent’anni.

La sua analisi complessiva non sembra lasciare spazio a possibili mediazioni. A chi vi chiama “scissionisti” ripetete però che la vostra richiesta si limita alla convocazione del Consiglio Nazionale e che non  voterete la fiducia a Berlusconi…

 

 

Continueremo a chiedere un confronto in quella sede, la nostra battaglia è all’interno dell’Udc. Ribadisco, abbiamo sempre escluso che avremmo votato la fiducia a Berlusconi, ci siamo solamente limitati a sostenere le ragioni politiche che ho esplicitato prima.

È quindi d’accordo con chi, come Mantini, dice che chi vota la fiducia è fuori?

Mi meraviglia l’aria capolaresca che si dà uno che viene dal Pd. Sul voto ho già risposto, se il governo però non mette la fiducia sarà indispensabile dialogare sui cinque punti. Questo non vale solo per me, dovrebbe valere anche per l’Udc, che ha sempre detto di essere l’“altra opposizione”.

È stato invece contattato dal cosiddetto gruppo di “responsabilità nazionale” o comunque può essere una delle prospettive possibili?

Non sono stato mai contattato e non è assolutamente una prospettiva. Non siamo noi quelli che cambiano idea, basta guardare proprio alla Sicilia, dove lo spostamento a sinistra di Casini è sotto gli occhi di tutti.

Lombardo è pronto alla quarta giunta in due anni. È questo il “laboratorio del terzo polo” con futuristi, centristi fedeli a Casini, rutelliani  e democratici?

Visto che non mi piace fare valutazione moralistiche mi limito a dire che tutto ciò che sta accadendo è solo il frutto di una fantasia sbrigliata e disordinata.  

Concludendo, quante probabilità ci sono di una vostra permanenza nell’Udc?

Faremo la nostra battaglia nell’Udc, fino all’ultimo. “Non mollo se non mi cacciano” mi sembra una sintesi adeguata, che anche a Fini ha portato bene…

(Carlo Melato)