Sono molte le spine nel fianco di Berlusconi in questa ripresa di settembre. Ieri Napolitano ha auspicato che la politica si concentri nell’affronto dei problemi derivanti dalla crisi economica. La domanda sarcastica del Capo dello Stato – «sapete dirmi dov’è finito il ddl sulle intercettazioni?» – a proposito del provvedimento che ha riempito per mesi le pagine dei giornali alimentando lo scontro tra maggioranza e opposizione, suona come un monito imbarazzante per il governo. Ed è un’esortazione a fare le riforme che davvero servono al paese.
Sveltire i tempi dei processi è senz’altro una di queste, ma la norma transitoria e i fondi per potenziare la macchina amministrativa della giustizia sono due ostacoli che non sarà facile superare. La prima – cioè la norma che estende la riforma ai processi in corso – anche ieri ha ricevuto lo stop dei parlamentari di Gianfranco Fini. Sulle risorse è Tremonti ad avere l’ultima parola e il piatto, come si sa, piange. Ecco dunque che mentre la diplomazia, anche quella leghista, è al lavoro per ricucire lo strappo tra Berlusconi e Fini, spuntano nuovi motivi di contrasto.
L’ultimo riguarda le presunte squadre “fasciste” che la componente di Fini teme di vedersi davanti alla festa di Mirabello, e che stando a indiscrezioni sarebbero state organizzate dal ministro Brambilla. Anche questo episodio mette a repentaglio la tregua con Fini voluta da Berlusconi. Infine, proprio Mirabello è un’altra incognita. C’è grande attesa di sapere cosa dirà il presidente della Camera, Gianfranco Fini, nel piccolo paese emiliano dove fu annunciata la svolta di Fiuggi. Per ora tutte le bocche sono cucite, ma c’è chi non esclude, e Berlusconi lo teme ancora, che Fini annunci la costituzione di un nuovo partito.
In tutto questo, resta da capire quale sarà la sorte della verifica sui punti programmatici che dovrebbero rilanciare un’azione coesa di governo. È a questa che dà la priorità il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, leader storico dell’ex Alleanza nazionale e protagonista delle sue trasformazioni, che al Corriere di ieri ha confessato la sua difficoltà: «io personalmente sono in grande imbarazzo – ha dichiarato Alemanno – ho iniziato il mio percorso politico con Fini sin dal 1975 e interromperlo così, trovandomi in una situazione di barricate contrapposte è veramente dura, fermo restando che io non ho condiviso il percorso che lui ha fatto».
Una possibilità di comporre la frattura però esiste, e Alemanno tiene a sottolinearlo. La prima cosa da fare è capire cosa si vuol fare del governo; e la verifica sui punti programmatici prevista per la riapertura dei lavori parlamentari sarà la vera prova del nove. I punti sui quali consolidare l’accordo di maggioranza ci sono, secondo Alemanno, e comprendono anche quelli «etici» – vita e sussidiarietà – richiamati una settimana fa dal ministro Sacconi. «Si tratta sicuramente di un passaggio molto stretto – dice Alemanno al sussidiario -. Però se il buon senso e la stabilità prevarranno, ancora una speranza c’è. Sì, valore della vita e sussidiarietà diventeranno effettivamente un punto essenziale del programma e nel documento del Pdl approvato, alla stesura del quale anch’io ho partecipato, c’è un richiamo forte alla vita, alla famiglia, ai valori che stanno più a cuore al mondo cattolico. E le riforme per tutelare vita e famiglia le abbiamo considerate indispensabili».
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E come la metterete con la componente prettamente laica? Della Vedova è uno dei molti nomi che non sarebbero del tutto d’accordo su quei valori. «Della Vedova, come altri, difende il suo punto di vista. Io sono però convinto – continua Alemanno – che nel Parlamento ci sia una maggioranza che la vede nel modo giusto. Su certi punti qualificanti come quelli che abbiamo detto vedo possibile una maggioranza anche trasversale, per esempio con voti che vengono dal centrosinistra. Ma secondo me già nel centrodestra ci sono i voti necessari per fare le scelte che vogliamo».
In caso di esito negativo di una verifica così importante, visto che si è escluso di allargare la maggioranza al centro, si tornerebbe a discutere di voto anticipato. «Per forza – conferma Alemanno -. Se non si riesce a ricompattare una maggioranza sicura e affidabile intorno al governo, è inevitabile andare alle elezioni, perché non si può governare con un cono d’ombra sul nostro percorso. Quindi o il consenso è effettivo e a settembre ci permette di costruire una maggioranza intorno al governo, oppure la strada delle elezioni è inevitabile. Poi in quella sede, nel momento in cui si fanno gli accordi elettorali, nulla vieta che Pdl e Udc possano accordarsi». Proprio Alemanno al Meeting di Cl a Rimini aveva detto che la convergenza sul programma è più importante di scelte disciplinari interne al partito. Fatta da un uomo dello zoccolo duro dell’ex An, può sembrare la disponibilità di chi vuole lasciare agli ex amici una porta aperta. «No – spiega Alemanno – mi interessa solo stabilire la giusta gerarchia delle cose importanti. Prima degli aspetti burocratici e disciplinari ci sono le scelte politiche. Se trattiamo per trovare una soluzione, prima vediamo come va la trattativa, e poi in base all’esito traiamo le conseguenze politiche e organizzative. Non ha senso fare il contrario».
Dunque le espulsioni (il “processo” a Granata, Briguglio e Bocchino, ndr) sarebbero un errore. «Sono un errore se vengono fatte contro l’intesa che stiamo cercando di costruire. Se invece il muro contro muro fatto dalla componente di Fini dovesse continuare, allora sarebbero inevitabili». Non parla invece il sindaco di Roma delle dimissioni da presidente della Camera di Gianfranco Fini. Come non dice nulla della vicenda di Montecarlo, che ha visto tutto agosto imperversare sui giornali il nome della compagna di Fini, Elisabetta Tulliani. «Oggi la priorità per l’Italia non è la presidenza della Camera ma il governo: se si dovesse andare al voto le Camere verrebbero sciolte e sarebbe quello, e non prima, il momento in cui parlare della presidenza della Camera». Mirabello? È una festa che Alemanno non attende con ansia particolare. «Francamente a me la festa di Mirabello non è mai piaciuta, e lo dicevo anche dentro An. Vi erano molto più legati Fini, Gasparri, La Russa. Era più una festa loro e non della destra sociale».
Sempre al Meeting di Rimini è stato proprio Alemanno a parlare di quoziente familiare: un provvedimento che da sempre è oggetto di controversie, dato anche il costo ingente che esso comporta, almeno in partenza. Chiediamo ad Alemanno se anch’esso è un impegno di tutto il governo, o rischia, come è già accaduto varie volte, di essere una proposta estemporanea. Alemanno lo esclude: «No, fa parte del documento che abbiamo votato tutti quanti come vertice del Pdl, cioè del documento programmatico con cui si va alla verifica. Sta a noi politici, ora, passare dalla promessa elettorale alla riforma effettiva».