Dopo settimane di conteggi e discussioni su ipotetici “gruppi di responsabilità nazionale”, “legioni straniere”, e “scissioni siciliane”, il giorno della verità è arrivato. Grazie a 342 voti favorevoli (275 i contrari, 3 gli astenuti, su un totale di 620 presenti) la Camera ha dato la fiducia al governo Berlusconi. La maggioranza supera ampiamente la soglia dei 316, ma i voti di Futuro e Libertà e del Mpa, nei fatti, si dimostrano indispensabili per poter andare avanti.



«Questo risultato era prevedibile alla vigilia – dice Stefano Folli a IlSussidiario.net -, anche se condizionerà enormemente i prossimi passaggi politici. Se sul piano strettamente procedurale, infatti, il governo si è rafforzato, su quello della sostanza politica l’ipoteca dei finiani sulla tenuta del governo è, a questo punto, una certezza».



Il tentativo del premier di rendere superflui i futuristi non è riuscito?

«La strada dell’autosufficienza non ha portato lontano Berlusconi. Alla luce dei numeri penso però che per il governo sia stato positivo chiedere la fiducia. In caso contrario l’ambiguità a questo punto sarebbe stata ancora più grande».

Tempo fa lei aveva scritto che se Berlusconi avesse realizzato il “ribaltino”, avrebbe in realtà sdoganato il “ribaltone”, spianando la strada a futuri governi tecnici. Il dado è tratto in ogni caso?

«In un certo senso sì, perché almeno il tentativo c’è stato. L’ipotesi di governo tecnico mi sembra comunque lontana perché, nonostante tutti i suoi limiti, non vedo sul tavolo maggioranze politiche alternative a quella attuale. Dubito che il Presidente della Repubblica proverebbe a mettere insieme maggioranza pasticciate solo per evitare le elezioni».



Il Pdl dovrà a questo punto riconoscere Futuro e Libertà come “terza gamba” del governo?

«Certamente, ma non tanto sul piano formale. Saranno i finiani stessi a porre le questioni con la determinazione di chi sa di essere indispensabile.
Per ora Berlusconi non ha fatto concessioni in questo senso e, anche nel discorso di ieri mattina, ha aggirato l’ostacolo riproponendo il vecchio tema del Pdl come “casa di tutti i moderati”. Il suo è stato, ad ogni modo, un intervento moderato, ben costruito e attento a non toccare temi controversi come il “processo breve”».

A complicare ulteriormente i piani del Cavaliere l’asse Fli-Mpa e l’annuncio della nascita di un nuovo partito da parte di Fini…

 

«Il fatto che sia stata scelta la giornata di ieri per fare un passo in questa direzione è indicativo del fatto che Fini abbia voluto affondare il colpo. I giornali di oggi infatti non parlano più dei 5 punti di Berlusconi, ma del fatto che le truppe del Presidente della Camera sono decisive e pronte a fare un nuovo partito».

La nascita di un nuovo partito finiano, come pochi giorni fa Farefuturo anticipava, è strettamente legata al tema delle dimissioni di Fini dal ruolo di presidente della Camera?

«Ritengo molto difficile che Fini possa continuare a svolgere il suo ruolo di garanzia se crea un partito e si mette alla sua testa. Penso che sia solo questione di tempo e non tanto per il “caso Montecarlo”, che comunque sarà ancora fuoco sotto la cenere».

Umberto Bossi dopo il voto ha dichiarato: «La strada è stretta. Nella vita è meglio prendere la strada maestra e la strada maestra è il voto». Si apre un altro fronte?

«Penso che non ci siano grosse novità. La Lega da tempo si dimostra scettica sulle possibilità che la legislatura possa andare avanti, ma è confortata dal fatto che sul federalismo fiscale il Cavaliere ha marciato secondo la linea del Carroccio. Per ora sta alla finestra e si tiene pronta, anche se gli indizi che ci ha fornito la giornata politica di ieri vanno tutti nella stessa direzione».

Quale?

 

 

 

 

«I nodi politici sono ancora tutti sul tavolo, la fiducia non ha risolto quelli più importanti, a cominciare dalla giustizia, e il tono di tutti i discorsi ascoltati alla Camera era decisamente elettoralistico. Direi che un altro passo verso le elezioni anticipate è stato compiuto. Il redde rationem elettorale si avvicina lentamente, ma inesorabilmente».

Nemmeno se Berlusconi scegliesse un finiano come Alfonso Urso o Mario Baldassarri per il ministero dello sviluppo economico il governo potrebbe ricompattarsi?

«Sarebbe indubbiamente un segnale molto forte, qualcosa di più di una tregua, un patto politico che potrebbe anche modificare il quadro attuale. L’ipotesi più probabile mi sembra però quella di una legislatura destinata a spegnersi pian piano e che ci condurrà alle elezioni anticipate».

(Carlo Melato)

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