Pier Ferdinando Casini ha offerto ieri al governo Berlusconi un “patto di pacificazione”: «Se il governo porterà in Parlamento iniziative serie – ha dichiarato il leader dei centristi -, noi le sosterremo». Un’apertura che potrebbe favorire un confronto sereno all’interno della commissione bicamerale sull’attuazione del federalismo che torna a riunirsi oggi e che dovrà pronunciarsi entro il 28 gennaio sul decreto attuativo del federalismo municipale. A questa scadenza la Lega Nord lega le sorti del governo, mostrando comunque un discreto ottimismo sulle possibilità di trovare un’intesa con Fli e Udc.
«La nostra posizione non cambia – dice però a IlSussidiario.net Gian Luca Galletti, vicecapogruppo dell’Udc alla Camera -. Siamo l’unico partito che ha votato contro la Legge 42 e riteniamo che quel voto negativo sia ancora valido».
Quali sono le principali critiche che rivolgete all’impianto federalista del governo Berlusconi?
Provare a realizzare il federalismo fiscale in uno stato centralista è un po’ come mettere il gasolio in un motore che va a benzina. Era necessario fare prima le riforme istituzionali del caso, cosa che tra l’altro avrebbe permesso di recuperare molte risorse.
Ci spieghi meglio.
Uno stato federale, che dovrebbe essere quindi più leggero e con meno competenze, ha ancora bisogno di due camere e di mille parlamentari? Non ne può bastare una con la metà dei parlamentari che abbiamo oggi? Uno stato federale ha bisogno di così tanti livelli di governo o si sarebbero potute abolire le province? Aggiungo, sono davvero necessari 8.000 comuni, 6.000 dei quali al di sotto di 5.000 abitanti e alcuni addirittura di 34 abitanti? Ha senso cercare di trovare regole fiscali che vadano bene sia per un comune di 50 abitanti, sia per Roma? Sono tutte domande che non hanno ancora trovato una risposta.
Non si può rimediare in seguito, anche se tardivamente?
Non è solo un problema di ritardi. Operando in questo modo si creano dei vincoli che rendono la situazione ancora più difficile da correggere. Se attribuisco risorse e contributi propri alle province decido, in pratica, che esse esistono e che continueranno ad esistere, così come rendo intoccabile l’impianto nazionale dei comuni. Sarà dura poi tornare indietro…
La realtà è che, al di là di quello che dice la Lega, siamo noi i veri federalisti, la nostra provenienza ce lo impone. Non solo, un federalismo costruito in questo modo rischia di ridursi a un grande spot che può addirittura bruciare le spinte federaliste attualmente presenti nel Paese.
Se queste sono le premesse, come vi porrete nei confronti dei decreti attuativi sul fisco comunale?
Finora abbiamo votato contro tutti i decreti attuativi: dal federalismo demaniale a Roma capitale, fino ai fabbisogni standard. Se in questo caso particolare, che riguarda la fiscalità dei comuni, ci fosse lo spazio per inserire alcuni punti chiave del nostro programma elettorale del 2008, come ad esempio il quoziente famigliare, siamo pronti a discutere.
E quale sarebbe la vostra proposta?
Partiamo da un dato: le famiglie italiane hanno salvato il Paese nel 2009 e con i loro risparmi hanno tenuto unito il tessuto sociale del Paese. Proprio per questo non è giusto che non arrivi mai il loro momento. Stiamo parlando, per essere chiari, di 25 miliardi di euro di imposte che passeranno dalle tasche delle famiglie a quelle dei comuni. A questo punto deve passare un semplice principio: chi ha più persone a carico (figli o anziani) deve pagare meno tasse.
Su questo tema non sembra mancare il consenso, ma le risorse. Non è così?
Per questo proponiamo che su alcune imposte, come ad esempio la Tarsu, si applichi la scala di equivalenza prevista dall’Isee, così come rivista dai comuni di Parma e Roma. In questo modo ci sarà chi pagherà di più e chi pagherà di meno, ma non sarà un costo per la collettività. C’è poi un altro punto.
Quale?
La cedolare secca sugli affitti ci trova d’accordo, risponde a un criterio di giustizia e potrebbe aiutare anche la lotta all’evasione. Non deve però essere a carico dei comuni. Se un milione e mezzo di euro di mancati introiti vengono infatti scaricati su di loro è ovvio che i primi a saltare saranno proprio i servizi alle famiglie (asili nido, scuole materne, assistenza domiciliare agli anziani, ecc.).
Come si inserisce il tema della sussidiarietà orizzontale a questo proposito?
È il grande tema che il federalismo fiscale non affronta in maniera compiuta, ma che caratterizzerà tutto il welfare dei prossimi anni, soprattutto a livello locale. Senza sussidiarietà orizzontale i comuni non saranno in grado di soddisfare la domanda di servizi sociali del proprio territorio. Le risorse, è evidente, non bastano più.
Può fare un esempio concreto?
Nel mio comune, Bologna, un bambino che frequenta una scuola materna gestita direttamente dallo Stato costa circa 13.000 euro, un bambino di una scuola privata 6.000. Penso che la realtà abbia oltrepassato ormai il possibile scontro ideologico a cui ci eravamo abituati quando le risorse erano considerate un bene infinito. Quella logica che, tra l’altro, è la stessa che ci ha portato ad avere un debito pubblico mostruoso, non regge più e la sussidiarietà, anche dal punto di vista puramente economico, è diventata oggettivamente imprescindibile.
Se queste sono le analisi e le proposte dell’Udc, quante possibilità ci sono, secondo lei, che si trovi un’intesa?
Il rapporto con Calderoli è sempre stato ottimo, ma non sono un chiromante e non voglio fare previsioni. Tocca al governo scegliere e al centrodestra mi limito a dire: se volete continuare a inseguire i singoli parlamentari fate pure, ma è una politica di piccolissimo cabotaggio. Allo stesso modo non perdete tempo a offrirci posti di governo e ministeri, perché non ci interessano. Se invece avete intenzione di mettere in cantiere delle riforme serie sappiate che non avrete bisogno di acquistare un paio di parlamentari, perché dalla vostra parte ne troverete molti di più…
(Carlo Melato)