Se il centrodestra attende con una certa apprensione la sentenza della Corte Costituzionale sul legittimo impedimento, il centrosinistra non sembra comunque in grado di approfittarne, dilaniato com’è davanti al voto degli operai della Fiat di Mirafiori. E così, per una volta in entrambi gli schieramenti, si annuncia l’ennesimo “giorno della verità”. «A mio parere però – dice a IlSussidiario.net lo storico esponente della Dc Cirino Pomicino -, la “Repubblica chiamata Seconda” ha la grande capacità di drammatizzare eventi gestibili. Se levassimo un po’ di enfasi da entrambe le vicende le comprenderemmo meglio, anche perché, nonostante le attese, il quadro politico potrebbe anche non cambiare affatto».

Partiamo dalla decisione della Consulta sullo scudo giudiziario del premier.



Se il Presidente del Consiglio riteneva davvero che in ordine alla sua persona fosse in atto da anni una persecuzione politica avrebbe dovuto ripristinare, già dal 2001, il vecchio Art. 68 sull’autorizzazione a procedere, che venne eliminato in un momento drammatico del Paese. I guasti e le conseguenze di quella decisione, infatti, sono ancora all’ordine del giorno. Non avendolo fatto e avendo rincorso costantemente leggi ad personam, dalla vicenda Previti in poi, oggi è costretto a pagare il suo antico errore. Beninteso, chi parla ha affrontato ben 42 processi, con una sola condanna…

Quali sono a suo avviso gli scenari che si aprirebbero nel caso di un verdetto favorevole o avverso a Berlusconi?



Torno a ripeterle che non accadrà granché. Se il legittimo impedimento dovesse essere dichiarato incostituzionale il premier dovrebbe difendersi nelle aule. Se è innocente lo potrebbe dimostrare all’interno di processi comunque destinati ad andare in prescrizione.
Se invece parliamo  del problema generale la strada è quella, come ho detto, dell’immunità parlamentare. A chi storce la bocca basta ricordare che la Costituzione, oggi tanto difesa, già la prevedeva e che il Parlamento è come la salute, ci si accorge della sua importanza soltanto quando non c’è più…

Cosa intende dire?



Faccio soltanto notare che, pur avendo questa prerogativa, il Parlamento mandò davanti al giudice diversi parlamentari. Nessuno ricorda lo scandalo Lockheed? Gui e Tanassi finirono davanti al giudice. Il primo venne assolto, il secondo condannato…

Come si spiega invece lo spiazzamento della sinistra davanti al caso Fiat?

Con la teoria del pendolo. Gli esponenti della sinistra, dopo aver fatto i classisti per una vita intera, sono oggi culturalmente subalterni a una visione totalmente alternativa e mercatista.
In realtà, Marchionne fa un ragionamento giusto sul tema della competitività, a livello organizzativo e produttivo, che la sinistra tarda a comprendere. Lo stesso amministratore delegato della Fiat sbaglia però quando usa toni da “padrone delle ferriere” e non riesce a spiegare che in realtà l’azienda è una, dal capo fino all’ultimo dei dipendenti. Per questo dovrebbe essere il primo a fare un sacrificio sul piano degli stipendi, al contrario di quanto sta invece facendo.

Passando al quadro politico generale, l’allargamento della maggioranza in direzione dell’Udc dopo il voto di fiducia non si è verificato, il centrodestra però è comunque fiducioso di poter contare su diversi nuovi arrivi. Ci sono le basi secondo lei per portare a termine la legislatura?
 

Io rimango fedele alle vecchie regole della politica secondo le quali un governo che viene privato del consenso di una parte della sua maggioranza deve inevitabilmente dimettersi. Immaginare di poter governare efficacemente con cinque voti in più è infatti assai più complicato. Da che mondo è mondo le maggioranze tendono ad allargarsi, ma un allargamento costruito sull’acquisto dei singoli parlamentari politicamente non ha alcun significato.

Come va letto secondo lei il “Patto di pacificazione” di Casini all’interno di questo quadro?

È una scelta di grande responsabilità dinnanzi alla decisione di Berlusconi di non aprire una crisi di governo e di non dichiarare che questa maggioranza non c’è più. Il centro approverà quei provvedimenti che condivide senza fare ostruzionismo. Chi sbaglia, comunque, è il Cavaliere. C’è ancora lo spazio per un allargamento vero che passi necessariamente attraverso una crisi di governo. La ricandidatura di Silvio Berlusconi sarebbe garantita…

Se la porta verso il centrodestra rimane aperta si può dire che il Terzo Polo non è più equidistante e che il centrosinistra è ormai più lontano? Sembrano lontani i tempi in cui il leader dei centristi invocava il Cln anti-berlusconiano…

Non sono d’accordo, sono convinto invece che i comportamenti di una forza politica siano legati ai comportamenti delle altre. Il partito Democratico resta un alleato possibile per il centro se ingloba dentro di sé quei pezzi di sinistra che lasciati a sé stanti diventano estremisti, Vendola innanzitutto.
Se il governatore pugliese facesse parte del Partito Democratico sarebbe solo una delle sue componenti e non costituirebbe un problema per i moderati. Se invece D’Alema immagina davvero che il Centro possa allearsi con il Pd, con il partito di Vendola, che per distinguersi tenderà sempre più sinistra, e con Di Pietro, si sbaglia di grosso. Del resto sono vent’anni che sbaglia…

Possiamo almeno dire che le elezioni sono più lontane?

Guardi, chi si lancia in previsioni in questa “Repubblica chiamata Seconda” è un incosciente. Vale il vecchio detto napoletano sulla borbonica Regia Marina: “ciò che si dice alla sera non vale più la mattina”…

A quali condizioni potrebbe però aprirsi una fase di riforme condivise ed essenziali?

Le riforme si fanno se in Parlamento c’è la volontà di trovare un punto di incontro. Devo ricordare a questo proposito il governo Andreotti del 1976. Durante il “governo della non sfiducia” riuscimmo infatti a fare la riforma sanitaria. Potrebbe essere di buon auspicio… Non è però solo una questione di buoni propositi, quanto di nodi irrisolti.

Come ad esempio?

Sono due le gravi colpe di quella che io definisco la “Repubblica chiamata Seconda”: ha cancellato i partiti come strumento di governo democratico e con essi le culture politiche che governano ancora oggi l’Europa. Il berlusconismo, inteso come leaderismo proprietario, non è la causa di tutto ciò ma l’effetto, così come lo sfarinamento dei nuovi partiti di cui il Pd è l’esempio più emblematico.
Chiediamoci come mai in ogni paese europeo, tranne rare eccezioni, c’è un partito liberale, uno democristiano e uno socialista? Perché la sinistra rifiuta di identificarsi con il socialismo, salvo poi iscriversi al Partito socialista europeo?

La sua analisi prevede una via d’uscita?

Quando il berlusconismo finirà serviranno uomini di grande intelligenza e qualità politica per riordinare una volta per tutte il nostro sistema politico e il nostro sistema istituzionale. Bisognerà tornare ad “europeizzarsi”, riscoprire le culture politiche, gli assetti istituzionali, scegliere tra democrazia parlamentare e presidenziale, sanando il “miscuglio” oggi in vigore. A meno che nel frattempo non arrivi qualcuno in grado di convincerci che grazie a tutti questi errori siamo stati noi a scoprire il Santo Graal…

(Carlo Melato)

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