Affari Italiani pubblica il documento scritto da un “pentito“ delle aziende dei trasporti romane in cui sintetizza «nomi e cognomi, situazioni, rapporti di potere, intrecci con l’imprenditoria e la politica nazionale».
Nel documento si legge che, inizialmente, per i primi 8 mesi la «materia dei trasporti era stata affidata dallo stratega Andrea Augello a Vincenzo Piso per gli aspetti politici e ad Alessandro D’Armini per gli aspetti tecnici». Tutti e tre, però, nel 2008 raggiungono il parlamento e viene nominato assessore ai Trasporti «consigliere insignificante (eletto con 1800 voti), originariamente vicino ad Adolfo Urso e poi battitore libero. Precisamente Sergio Marchi».
All’inzio quindi la squadra dei trasporti è composta dallo «stratega Andrea Augello coordinatore di tutti, Vincenzo Piso responsabile delle cose, nonché mazziere che dava le carte, l’assessore al Bilancio Ezio Castiglione che guardava i conti ed i numeri, Sergio Marchi assessore ai trasporti e Alessandro D’Armini direttore». Nella squadra, c’è grande sintonia tra «tra Ezio Castiglione, Andrea Augello e Alessandro D’Armini e da qui cominciarono le prime sofferenze di Vincenzo Piso».
«Vincenzo Piso, da sempre molto vicino a Lui (Lui è il sindaco Alemanno ndr.) , cominciava a riferire dell’evolversi della situazione, ed ecco spuntare 2 nomi che affiancheranno d’ora in poi la squadra su tutte le cose, ognuno per la propria parte. Adalberto Bertucci sui trasporti e Riccardo Mancini sulle infrastrutture e sui grandi progetti».
Con il passare del tempo, si definiscono le alleanze: «Sergio Marchi con Gioacchino Gabbuti e Adalberto Bertucci con lo zoccolo duro della Trambus e cioè Tullio Tulli e Norberto Raponi».
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Nel frattempo «la riforma del trasporto pubblico locale e la proposta di riassetto ed unificazione delle aziende va avanti come originariamente avviata dalla squadra iniziale ed arriva in giunta. Contemporaneamente parte il Piano Strategico della Mobilità sostenibile: siamo alla fine del 2009, inizio 2010».
Nel primo trimestre Almeanno inizia a occuparsi dei trasporti in prima persona, e arrivano i «volti nuovi», «Roberto Grappelli, soprannominato “Francesco Gaetano Caltagirone che cammina” che viene messo a fare il presidente» e «Massimo Tabacchiera, frutto dell’accordo preelettorale con lo stratega dopo la lite con Walter Veltroni. Cerca subito spazio, chiama al suo fianco Antonio Cassano e comincia ad appropriarsi del riassetto (delle aziende, ndr)» mentre «Gabbuti capisce che deve fare un passo indietro e si va ad occupare di patrimonio (Atac patrimonio, ndr)».
«Siamo nella primavera del 2009 – continua il resoconto – e seppur in un altro settore inizia a imperversare Franco Panzironi. Ad un anno dall’insediamento c’è il primo significativo ritiro: se ne va dall’oggi al domani Ezio Castiglione e lascia l’assessorato chiave del Bilancio». Perché questa marrcia indietro? «Aveva trovato la strada per risanare il debito sacrificando un’intera società, Risorse per Roma, (la vera fabbrica del non fare), ristrutturando e dando dignità ai servizi dell’Ama, unificando le aziende del trasporto, riducendo i dirigenti, contenendo le spese, bloccando tutte le assunzioni, imponendo con chiare direttive un rigido conto economico al quale ottemperare. Tutti ormai, i volti nuovi soprattutto, gli tiravano la giacchetta e lui non c’è stato. Ha preso e se n’è andato».
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La squadra iniziale, non c’è più, i responsabili di allora sono in altre faccende affaccendati. «Insomma, siamo ormai all’estate del 2009 e comincia quel caos indiscriminato dove parlano, tutti decidono tutti, si incazzano tutti, si fanno riunioni di ogni tipo e genere senza concludere assolutamente nulla. Sergio Marchi si affida completamente a Massimo Tabacchiera ed Antonio Cassano e si innamora sempre di più di Stefano Giovenali, stringe rapporti ancor più forti con Adalberto Bertucci e comincia quel percorso di un anno (estate 2009-estate 2010) che è stato quello in cui si è fatta carne da macello».
Roberto Grappelli, a fine anno viene “rottamato”, «relegato ad Ogr (Officina Grandi riparazioni, ndr), quelle fantomatiche officine dalle quali dovrebbero uscire i treni. Tutto questo perché un altro potente del Pdl romano, Fabio Rampelli, rivendica un posto importante per Luigi Legnani (ex presidente Ferrovie Nord, ndr), che viene da Milano a fare però il presidente fantasma che si guarda intorno e non si cura di niente e di nessuno».
Arriviamo alle feste tra il 2009 e il 2010 quando avvengono le «scelte definitive sulla struttura della nuova grande azienda del trasporto romano che si ritrova formalmente costituita a fine gennaio 2010 in modo da diventare quel grande carrozzone da oltre 13 mila persone. Dei parenti, amici, amici di amici, cubiste, tronisti ed escort si è parlato sin troppo ed è noto a tutti. Il risultato è purtroppo uno solo: il progetto iniziale che certamente rispecchiava e si richiamava a quel cambio di passo, a quel salto di qualità tanto auspicato, è miseramente fallito”».