Dopo dieci giorni in cui il Ruby-gate ha occupato le prime pagine di tutti i giornali le intenzioni di voto degli italiani non sembrano essere cambiate. Secondo Renato Mannheimer, infatti, le variazioni in questo senso sono minime, mentre sale la tentazione di astenersi nel caso di elezioni anticipate e si registra un ulteriore distacco delle persone nei confronti della politica. In questo quadro, a pochi giorni dal voto sul federalismo fiscale, il ministro Maroni ha offerto ieri una “tregua” all’opposizione per «tornare alle cose che interessano i cittadini». «Ci sarebbe davvero bisogno di occuparsi d’altro – dice Paolo Franchi a IlSussidiario.net -, ma questi tipi di appello sono destinati a cadere nel vuoto. La questione ormai è posta in termini ultimativi: da una parte c’è Berlusconi, dall’altra la procura di Milano. Una crisi di questo tipo non permette soluzioni indolori».

Le parole del numero due della Lega Nord vanno lette perciò come una risposta negativa agli inviti del Pd?



Le voci che circolavano da giorni, su cui Repubblica ha insistito molto, ipotizzavano uno scambio per la verità un po’ curioso: il federalismo per la testa del Cavaliere. Anche Veltroni dal Lingotto ha rinnovato la proposta, ma il patto di ferro Pdl-Lega ha dimostrato di reggere. C’è da dire che in questa fase sembrano prevalere la confusione e la tattica. Ogni dichiarazione viene letta come se dovesse passare alla storia, ma in realtà dimostra di avere soltanto 24 ore di vita.

La partita del federalismo di questa settimana potrà però fornirci indicazioni più precise?



Direi di sì. Se saltasse il federalismo la strada verso le elezioni sarebbe spianata, non soltanto per un problema di coerenza della Lega, ma anche perché non è credibile che il Carroccio sia disposto a pagare dazio senza colpo ferire. E così la palla torna nuovamente all’opposizione: lascerà passare questo provvedimento a prescindere dallo scandalo che sta coinvolgendo il premier? In caso contrario, sarà davvero pronta a rendere inevitabili le elezioni?

Su questo tema il Lingotto di sabato ha evidenziato due tendenze all’interno del Pd: se Veltroni considera le elezioni un’ipotesi drammatica per il Paese, Bersani sembra maggiormente intenzionato ad affrontarle…



Il segretario del Partito Democratico si sta effettivamente preparando al voto. Le iniziative che sta prendendo, anche quelle propagandistiche come la raccolta di firme contro Berlusconi, vanno senza dubbio in questa direzione.
Lo scandalo Ruby ha invece disinnescato l’iniziativa veltroniana. Il suo appello alla Lega, come dicevamo prima, si è rivelato una speranza più che un’ipotesi concreta, mentre devo dire che il suo discorso politico è stato di una vaghezza sconcertante.

Per quale motivo?

Al di là del fatto che al posto di invocare l’archiviazione del Novecento bisognerebbe, prima o poi, provare a farci i conti, ha riproposto il suo vecchio modello di Pd come se fosse stato un incidente della storia a impedirgli di realizzarlo. In questo senso l’appuntamento della minoranza interna del Pd è stata un’occasione sprecata che non ha aggiunto nulla in termini di chiarezza e di proposta. Si sono sentite invece parole in libertà, come quelle di chi ha paragonato Veltroni a Nenni e Renzi a Craxi…
In generale, il Pd in generale farebbe meglio a interrogarsi sul dato sconcertante indicato dai sondaggi: dopo tutto ciò che è successo Berlusconi è ancora in vantaggio, mentre il principale partito d’opposizione perde terreno su Vendola….

Il caso Ruby nel frattempo ha riportato il Terzo polo in una posizione intransigente nei confronti della maggioranza. Anche questo rende più vicine le elezioni?

Direi di sì. L’atteggiamento dimostrato dai centristi sul “caso Ruby”, il “caso Bondi” e il federalismo lascia pochi dubbi e ridimensiona anche l’allargamento di Berlusconi al gruppo dei cosiddetti “responsabili”. Il cosiddetto allargamento in realtà non si è mai verificato perché si tratta di voti su cui Berlusconi poteva già contare e non è comunque con l’acquisto dei singoli parlamentari che si rende un governo più stabile.
In vista di una stagione di “collaborazione” con un Terzo Polo che non avrebbe fatto mancare il proprio voto nei passaggi cruciali l’“operazione Responsabili” poteva avere senso, oggi invece il governo non sembra davvero in grado di poter contare su “terze gambe”.
Potremmo dire che osservando il quadro politico ci sono tutti gli indizi per dire che le elezioni, anche se rischiano di non risolvere nulla, restano lo sbocco più naturale. Ciononostante, tutte le forze in gioco sembrano avere un’ultima resistenza che per ora sta tenendo lontane le urne. La legislatura è perciò appesa a questo equilibrio precario.

Dopo tutto ciò che emerso, secondo lei Berlusconi punta a candidarsi nuovamente o a fare scelte di altro tipo?

Molte delle ultime mosse del Cavaliere lasciano intendere che non abbia nessuna intenzione di mollare. La logica del “passo indietro”, oltre a non essere nelle sue corde, credo che sia un espediente retorico privo di fondamento ed è chiaro che in una campagna elettorale basata sul “vogliono farmi fuori” il centrodestra può avere un solo candidato. Da una stagione e da una crisi di questa portata non è più possibile immaginare una fuoriuscita indolore. 

Da ultimo, quale giudizio si è fatto su quest’ultimo violentissimo scontro tra Berlusconi e la magistratura? È d’accordo con chi denuncia da un lato un problema di decoro istituzionale e dall’altro il mancato rispetto delle libertà individuali?

Che tra la procura di Milano e Berlusconi ci sia un problema aperto dal ‘94 mi pare di un’evidenza assoluta. Questa situazione sta evidentemente disorientando l’opinione pubblica, che è costretta ad assistere a una guerra, nella quale è difficile schierarsi e a orientarsi. Se infatti, da un lato, la mole di intercettazioni e le modalità dell’indagine fanno riflettere, dall’altro, al di là dei rilievi penali, emergono comportamenti e anomalie obiettivamente sconcertanti. Senza perdersi in un moralismo che non mi appartiene, devo dire che questa vicenda ci regala uno spaccato di società che mi auguro non sia maggioritario nel Paese… 

(Carlo Melato)

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