E’ la prima volta che il capo dello Stato Giorgio Napolitano riprende in modo così deciso frasi e slogan pronunciati da esponenti della Lega, il loro leader Umberto Bossi in particolare. Usando il suo usuale stile pacato, nondimeno questa volta il Presidente della Repubblica, parlando alla facoltà di Giurisprudenza di Napoli, non ha lesinato critiche pesanti. Fortissimo sostenitore dell’unità d’Italia, Napolitano ha infatti detto che “il popolo padano non esiste” e che “si può strillare in un prato ma non si può cambiare la storia”. Avvertendo anche che, a differenza di quanto aveva detto Bossi recentemente alla Festa dei popoli padani a Venezia, una via democratica alla secessione non esiste. La reazione di alcuni esponenti della Lega non si è è fatta attendere. Per il ministro Calderoli, Napolitano ha dimenticato il diritto all’autodeterminazione dei popoli. Ma esiste veramente o no un popolo padano? IlSussidiario.net ha chiesto al professor Edoardo Bressan, docente di storia contemporanea un parere: “Dal punto di vista storico” spiega il professor Bressan “una unità, anche una omogeneità di territori in qualche modo riconducibili alla Padania, a una idea di Stato della Padania, non è mai esistita”. Per Bressan, proprio l’esigenza di abbattere i confini e le barriere che segnavano il territorio corrispondente a quanto la Lega definisce Padania è alla base dei moti unitari del Risorgimento: “Fino all’unità d’Italia erano numerose le frontiere nel territorio compreso fra le Alpi, il Monviso e il mar Adriatico che erano di ostacolo, erano una vera e propria croce continua per i commercianti e tutti coloro che svolgevano traffici: si trovavano lungo tutto il percorso del Po a imbattersi in dogane, in legislazioni differenti fra loro. Un incubo”. Il presidente della Repubblica ha anche detto che l’idea di ricostruire uno Stato lombardo Veneto è grottesca: “Lo Stato Lombardo Veneto storicamente non esiste. Venne creato nel 1815 come contenitore artificiale per tutelare gli interessi austriaci nella penisola, ma di fatto era a sua volta diviso in due: da una parte con capitale Milano, dall’altra Venezia. Dunque se si vogliono sostenere delle ragioni politiche lo si faccia con motivazioni come queste che stiamo spiegando, non riferendosi a una storia che ha scarse motivazioni”. Per Bressan, inoltre, “tutto il moto unitario dell’Italia partì proprio o almeno ebbe un grandissimo riscontro e sostegno in Lombardia e nel Veneto, nelle regioni settentrionali. A Milano fu un moto di popolo molto di più di quello che si possa pensare non solo perché i garibaldini erano tutti del nord, di Monza e di Bergamo e altre città della regione. La società lombarda e quella milanese in particolare così come il cattolicesimo locale diedero un contributo enorme all’unità, è questo che non torna in ciò che dice la Lega”.
Si può però dire che il federalismo, soprattutto quello fiscale, sia una esigenza sentita e che trova paragoni in altri Paesi europei: “Non dimentichiamo però” dice Bressan “che la parola stessa federalismo rimanda a un vincolo di unione. Non a caso il Risorgimento nella sua prima fase nasce federalista e rimane così per molti dei suoi esponenti. E non dimentichiamo che uno dei più grandi miti unitari dell’Ottocento fu proprio il mito della Lega, pensiamo a Berchet e pensiamo al giuramento di Pontida. Esso fu fatto in senso unitario: l’idea dei liberi comuni che con il Papa difendevano la libertà di tutta Italia di fronte allo straniero. Il mito della Lega fu uno dei miti fondanti del Risorgimento italiano, è singolare da osservare allla luce di quello che dice la moderna Lega. Poi sul piano politico ognuno pensa e dice quello che vuole, ma sul piano storico bisogna conoscere i fatti e non distorcerli”.