Nitto Palma, da poco succeduto ad Angelino Alfano nelle vesti di Guardasigilli, ha annunciato dura lotta ai privilegi dei giudici. Tra questi, la storica e praticamente assoluta impunità. Da sempre, infatti, è noto che un magistrato che sbaglia non paga. Né in termini pecuniari, né in avanzamenti di carriera. Le eccezioni si contano sulla punta delle dita. Al limite, alcune toghe possono esser spostate da un tribunale all’altro. Ma, di norma, è un prassi motivata da ragioni politiche. In un’intervista pubblicata su Libero, il ministro della Giustizia promette un’inversione di rotta. D’ora in avanti, i magistrati che sgarrano pagheranno multe salatissime. «Il problema della responsabilità civile del giudice è antico è più controverso di quanto non possa sembrare ad una prima analisi», spiega, interpellato da ilSussidiario.net Cesare Mirabelli, docente di Diritto Costituzionale nella Pontificia Università Lateranense di Roma. Sta di fatto che il ministro sembra intenzionato a prendere il toro per le corna. In un’intervista pubblicata su Libero ha spiegato le sue intenzioni: le legge non ammette un azione legale nei confronti dei magistrati, ma solo dello Stato. Che, dal canto suo, sebbene un tale diritto non sia mai stato azionato, può rivalersi sui magistrati. Nitto Palma intende rendere obbligatoria la rivalsa.
E corrispondente all’intera cifra che lo Stato deve pagare, se il cittadino ha ragione. «Come ogni attività valutativa, anche quella del magistrato può esser suscettibile di diverse revisioni e correzioni, come lo è di fatto nell’ambito dei diversi gradi del processo», spiega Mirabelli, sottolineando che la questione non è di immediata risoluzione. «Il problema è anche quello di impedire che il magistrato debba avere per gli atti che compie speranze o timori. Deve essere libero, nel suo agire, il che, certo, non significa essere arbitrario». Bisogna, in ogni caso, considerare che ogni giudizio può essere suscettibile di imperfezioni. «Se il giudice di primo grado ha emesso una sentenza, e quello di appello l’ha modificata, il primo non può certo dover pagare per l’”errore” commesso». Sulla proposta, in particolare, del ministro della giustizia, afferma: «un’azione diretta del cittadino nei confronti del magistrato pone un altro tipo di problema: “mi sentirei tutelato da un giudice che potrebbe essere timoroso del suo giudizio per il fatto che potrei rivalermi contro di lui, lo riterrei realmente indipendente?”». Per il professore, l’obbligatorietà della rivalsa andrebbe introdotta soli in alcuni casi: «ad esempio, quando le sentenze della Cassazione annullano quella del primo o del secondo grado per errore di diritto abnormi e palesi». Per gli altri casi,«il sistema più corretto consiste in una forte e adeguata responsabilizzazione professionale del magistrato. Se un procuratore vede, ad esempio, continuamente rigettate le proprie domande o se un giudice vede costantemente riformate le proprie sentenze, evidentemente c’è un problema di responsabilità. Al di là dei singoli casi, quindi – conclude Mirabelli -, va reso efficace il sistema di controllo dei giudici; il che, anzitutto, dovrebbe essere compito del loro organo di autogoverno».
Se un procuratore vede, ad esempio, continuamente rigettate le proprie domande o se un giudice vede costantemente riformate le proprie sentenze, evidentemente c’è un problema di responsabilità. Al di là dei singoli casi, quindi – conclude Mirabelli -, va reso efficace il sistema di controllo dei giudici; il che, anzitutto, dovrebbe essere demandato al loro organo di autogoverno».