Persona cordiale e disponibile il sottosegretario all’Interno, Alfredo Mantovano. E anche ponderato nei suoi giudizi sulla situazione politica e parlamentare di questi giorni.
Partiamo dalla coda sottosegretario. La bocciatura sul rendiconto può essere archiviata ormai come un “incidente tecnico”? «Se si vuole fare una valutazione sul merito di questa vicenda si può affermare che siamo nell’ambito dell’incidente “tecnico”. Ma se si dovesse scomodare qualche termine in più si potrebbe parlare di “sciatteria”.
Di fronte a un atto amministrativo di questo tipo, infatti, ci vuole un minimo di senso di responsabilità per assicurare la presenza in Aula. Non voglio fare nomi e cognomi, ma mi sembra che ci si sia comportati, quanto meno, con poca attenzione. E questo non favorisce certamente l’immagine della maggioranza. Vorrei poi aggiungere una cosa».
Prego.
Nel precedente governo di centrosinistra, al Senato, fatti simili si sono verificati almeno tre volte in merito al finanziamento di spesa sulle missioni militari all’estero. In quel caso però non si trattava né di incidente né di sciatteria, ma della deliberata volontà di una nutrita pattuglia di senatori della maggioranza dell’epoca di votare contro quell’atto amministrativo.
Non fu un bello spettacolo neppure quello, anche se tutti oggi sembrano avere dimenticato.
Scusi Mantovano, al di là di questo, Silvio Berlusconi parla di una maggioranza “coesa”. Ma, a suo parere, non potrà esserci presto, dietro l’angolo, un nuovo “sgambetto”?
A mio modo di vedere dipenderà da due fattori. Il primo è la responsabilità complessiva di questa maggioranza di centrodestra. Ma a ben vedere, prima ancora c’è lo snodo del provvedimento sullo sviluppo. Diciamo pure che è la “cruna nell’ago” di questa ultima parte di legislatura.
Si tratta di fornire al Paese segnali non recessivi. Quindi: nessuna patrimoniale e la scelta di creare un fondo che sostenga quelle aziende che hanno capacità di innovazione e sanno stare sul mercato globale.
Di queste aziende ce ne saranno di più nelle province del Nord che in quelle del Mezzogiorno. Ma il problema di fondo è aiutare queste aziende a far ripartire il Paese.
Io spero, me lo auguro, che si arrivi a questa decisione. È questo, al di là di “sgambetti”, “incidenti tecnici”, “mal di pancia” vari, il vero snodo della questione italiana.
L’impressione è che Berlusconi punti tutto sulla mancanza di un’alternativa credibile. Basta guardare, al proposito, l’opinione che si coglie tra le persone e che è confermata da diversi sondaggi. C’è scontentezza verso la maggioraza, anche delusione, ma cascano quasi le braccia quando si pensa all’opposizione.
Effettivamente la mancanza di un’opposizione forte e compatta è diventato un problema per la stessa maggioranza. C’è, o almeno si intravede, nel panorama politico italiano, quasi un processo di “autocombustione”.
Un’opposizione forte, infatti, stimola la stessa maggioranza, ma in questo momento tutto questo non sta avvenenendo. Io spero in un senso di responsabilità generale di fronte a una crisi che è difficile affrontare ed è ancora più difficile superare.
Ritorniamo alle parole di Berlusconi. Dice il premier che né le elezioni anticipate, né un governo tecnico sono la soluzione per i problemi che dobbiamo affrontare. A suo parere Berlusconi cercherà di arrivare al fatidico mese di gennaio per votare almeno in primavera?
Sono calendari problematici. Io ripeto che lo snodo è il provvedimento sullo sviluppo. Personalmente sono preoccupato per i tagli alla sicurezza. Alla fine quello che si può dire è che occorre vedere se la manovra che abbiamo fatto e il provvedimento sullo sviluppo che si sta preparando, saranno in grado di produrre degli effetti buoni, almeno dei primi effetti di controtendenza rispetto alla crisi che stiamo affrontando. Saranno quegli effetti a stabilire il calendario delle scadenze politiche.
C’è tuttavia da registrare sempre una pressione esterna sull’esecutivo e nello stesso tempo si vede una sorta di rivolta dal basso da parte dell’elettorato e dei militanti leghisti.
Distinguerei su due punti. È evidente che nell’elettorato e nella base leghista ci siano segnali di profonda insoddisfazione rispetto alle promesse che sono state fatte e agli obiettivi che ci si poneva. Basterebbe pensare solo all’attuazione del federalismo fiscale che, in una situazione economica e finanziaria come questa, segna evidentemente il passo. Poi c’è un livello di conflittualità interna che è difficile giudicare dall’esterno. I problemi possono essere di diversa origine e ragione.
L’opposizione, Udc compresa, ha scelto l’Aventino (si fa per dire) e non si è presentata in Aula. Come giudica una scelta del genere?
Mi sembra una clamorosa dichiarazione di impotenza. Dico questo prima ancora prima di commentare questa scelta come un messaggio irriguardoso, di non rispetto verso le istituzioni.
Si potrebbe citare un famoso film di Nanni Moretti: si è puntato di più a far notare l’assenza piuttosto che la presenza.
(Gianluigi Da Rold)