L’attesa sta per finire. La rivelazione del nome non è proprio imminente. Ma, almeno, qualcosa, finalmente, si è mosso. E, seppure, in queste circostanze i giorni pesano come settimane, data la crisi in corso, entro la prossima settimana si dovrebbe finalmente conoscere il nome del successore di Draghi alla guida della Banca d’Italia, in procinto di occupare la poltrona di presidente della Banca centrale europea. Il premier Silvio Berlusconi ha, infatti, dichiarato che domani inizierà la pratica per arriva alla nomina ufficiale. Domani potrebbe inviare al Consiglio superiore della Banca d’Italia una lettera con la proposta. A chi gli ha chiesto se si tratterà di Fabrizio Saccomanni, ha risposto – a margine di una cerimonia al Quirinale dei Cavalieri del lavoro – di non poter rivelare nulla, perché tenuto, in questa circostanza, al segreto. Si tratterebbe, eventualmente, del direttore generale di Bankitalia sponsorizzato dallo stesso Berlusconi. Resta in ballo l’altro grande contendente, ovvero Vittorio Grill, direttore generale del ministero dell’Economia sostenuto dal ministro Tremonti. Due candidature fotocopia, come son state giudicate, dal momento che nessuno è stato in grado di rilevare particolari differenze sul piano tecnico o culturale. Ciò che, realmente, li divide sono i rispettivi “padrini”, lo scontro tra i quali si sta consumando anche attraverso la nomina del numero uno di Palazzo Cock. Rispetto all’ipotesi di elezioni anticipate, si è detto convinto della necessità di scongiurare una simile eventualità. «Anche il presidente dei Cavalieri del lavoro oggi ha fatto presente come una campagna elettorale sia negativa per il Paese. L’ultima cosa che non deve accadere, penso, è proprio la crisi di governo con una conseguente campagna elettorale», ha dichiarato. Poi, ha rivelato che, entro la settimana, oltre al nome del governatore della Banca d’Italia, potrebbe annunciare qualcosa sul decreto sviluppo. Rispetto alla lentezza con la quale sta venendo realizzato, ha fatto presente che non è possibile inserirvi capitoli di spesa importanti. Il premier ha anche spiegato, come da ormai un po’ di tempo a questa parte, che la lentezza nel varo dipende dall’architettura istituzionale, che non conferisce al governo alcun potere.



«Possiamo solo suggerire provvedimenti. E’ inutile suggerire provvedimenti se sappiamo già che non avrebbero ricezione nelle forze politiche che devono approvarle». Affrontando, infine, la questione del contesto economico, lo ha paragonato ad un orologio rotto, che segna l’ora giusta solamente due volte al giorno. «Le imprese – ha concluso – sono quotate meno di quanto hanno in tasca».



 

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