Sempre più si ripete nei commenti che la crisi che stiamo vivendo va ben oltre i confini dell’economia e della politica e si caratterizza per essere, come scrivono in tanti, una vera e propria crisi di sistema. Così pure nelle varie tribune dove si discute del futuro del nostro Paese viene più o meno sinceramente richiamata la questione cattolica come uno dei temi che attraversano l’intera scena della politica italiana.



In tutti i casi, per lo più, la discussione è viziata da un “congiunturalismo” che tende a piegare ogni seria riflessione all’immediatezza di un risultato pratico che, per lo più, coincide con la caduta o la permanenza del governo Berlusconi. Questo atteggiamento diffuso pregiudica seriamente la capacità di capire cosa stia veramente accadendo in Italia e in Occidente e quali siano le vere sfide con le quali confrontarsi.



Insieme a tre antichi compagni di avventure intellettuali (Paolo Sorbi, Mario Tronti e Giuseppe Vacca), si è pensato di reagire a questo andazzo deprimente che preclude ogni approfondimento e ogni autentico allargamento della prospettiva verso il futuro della società italiana e dell’intero pianeta. Ne è nato un documento che è stato pubblicato interamente dall’Avvenire, che è stato ripreso da diversi giornali nazionali e sul quale intendo richiamare l’attenzione con un breve contributo personale per sottolineare il senso di questa iniziativa. La convinzione che ci ha sostenuto nella non facile decisione di fare una proposta pubblica sottoscritta dal nostro piccolo gruppo di amici, è quella che il mondo intero sta attraversando una fase di drammatica rottura degli equilibri e degli orientamenti culturali tradizionali che può determinare una vera e propria catastrofe della forma di civiltà in cui siamo vissuti.



Emergenza antropologica significa infatti che si sta toccando il nucleo profondo di quella che è stata per millenni l’identità di ogni essere umano: la costituzione di una soggettività libera e responsabile che insieme agli altri uomini si è sempre posta il problema di costruire una città futura, migliore della presente. Ciò che tutti abbiamo sotto gli occhi è un movimento caotico di atomi chiusi nel perseguimento ossessivo del proprio personale godimento e affermazione, lo sfrenarsi di forme di sopraffazione e violenza inedite e la scomparsa di ogni modello e valore di riferimento fino ad una sorta di annichilimento masochistico di ogni senso della vita che non si riduca al desiderio immediato di soddisfazione.

L’emergenza antropologica dalla quale siamo distolti da mille falsi anestetici, come le campagne massmediatiche di prodotti farmacologici che risolvono tutti i problemi, rischia di ridurre l’essere umano alla mera pedina fisica di una manipolazione onnipresente che riduce ogni speranza al mordi e fuggi in un ipermercato globale. Mentre un arrogante scientismo, declamato su quasi tutte le pagine dei giornali e delle televisioni, si candida a gestire meccanicamente l’esistenza umana dalla nascita alla morte, col progetto ormai evidente di neutralizzare ciò che per gli esseri umani ha sempre costituito una sorta di innata spiritualità del pensiero e dell’immaginazione, la vita quotidiana trascorre nella disperazione, nella solitudine e nella mancanza di futuro delle nuove generazioni. Si può dire che oggi per la prima volta nella storia i giovani, sopraffatti dalle enormi difficoltà della vita, provano il terrore dell’isolamento totale. Anche di fronte agli ultimi fatti di Roma non si tratta certo di giustificare in alcun modo la violenza ma bisogna tuttavia cercare di comprendere come i seminatori della violenza distruttiva siano a loro volta intossicati dal terrore di essere schiacciati da un mondo che li ignora totalmente.

La disintegrazione del tessuto sociale, la formazione di piccole cerchie di potere sottratte ad ogni controllo, la massificazione omologante che distrugge identità e tradizioni hanno creato tra noi e le nuove generazioni una  vera e propria terra di nessuno dove spesso l’unico modo per sentirsi vivi è quello di dar vita ad un branco feroce che scarica la rabbia su tutto ciò che incontra.

La crisi antropologica tocca anche il cuore della cultura laica contemporanea che continua a proporre “fantasie onnipotenti” sulla creazione artificiale della vita mentre lascia senza risposta tutte le domande sul senso ultimo delle cose. Anzi la cultura scientista irride sarcasticamente ogno discorso sull’Anima. Così, in un articolo intitolato “Se l’anima e il suo corteo di idee si specchiano nell’i-pad”, Edoardo Boncinelli (uno dei più illustri mentori della nuova visione scientifica del mondo in cui tutta la  vita mentale si risolve nei meccanismi neuronali) scrive che non esiste migliore esempio di razionalità asservita alle emozioni di quella che si dedica alle “domande supreme” e alle “domande di senso”. E continua proclamandosi un appassionato dell’i-pad che è la conferma “scientifica” del “dubbio” sull’esistenza dell’anima stessa.

Boncinelli è un collaboratore del Corriere della Sera (che non a caso è tra i pochi giornali che non hanno dato notizia del nostro appello) che con un articolo di fondo di De Bortoli suggerisce alla Chiesa di adoperarsi nel “sociale” con le sue tradizionali istituzioni di assistenza e cura dei poveracci e degli emarginati, e di rinunciare a porre sul terreno della politica generale i temi dei “valori non negoziabili” che vanno lasciati alla libertà di coscienza individuale. A parte il fatto che anche i laici affermano di difendere “valori non negoziabili” come la democrazia, non riesco francamente a capire come il nascere e il morire o il ruolo della famiglia nella riproduzione degli esseri umani possano essere sottratti all’insegnamento della Chiesa, per essere poi utilizzati di fatto come strumenti surrettizi per definire gli schieramenti politici. Personalmente non auspico affatto la rinascita di una democrazia cristiana aggiornata sui temi del presente, ma sono altrettanto convinto che la Chiesa e il mondo cattolico debbono essere un punto di riferimento essenziale nella discussione pubblica sulla vita individuale e collettiva. Non solo per evitare le derive radicali che oramai la cultura scientista sta “propagandando” con grande dispiegamento di forze (Veronesi scrive continuamente che ogni differenza sessuale è destinata a scomparire con le nuove tecnologie di riproduzione artificiale della vita), ma anche per dare in positivo la testimonianza pratica che è possibile un altro modo di vivere non fondato sulla competizione estrema e sulla guerra di tutti contro tutti.

Credo che la Chiesa abbia molto da dire su tutti i temi che riguardano le sfide del futuro, giacché solo essa può mettere in campo una forma di rapporto con la “Trascendenza” che non sia fondato sull’osservanza pedissequa di precettistiche e catechismi ma sulla testimonianza di una Persona storicamente esistita come Gesù Cristo che ha introdotto una forte discontinuità dei tradizionali rapporti fra religione e società. Personalmente sono stato sempre colpito dalla assoluta originalità del messaggio evangelico giacché, come dice Kolakowski, Gesù non si può ridurre né ad un insieme di eventi né ad un insieme di concetti astratti, ma ad un “fatto essenziale” istitutivo di valori universali strettamente legati ad una concreta origine storica e fattuale. Kolakowski sottolinea cinque punti che sono di un’attualità impressionante: 1) abolizione del formalismo della Legge a favore dell’Amore; 2) eliminazione della violenza dai rapporti umani, 3) abolizione dell’idea di popoli o personaggi “eletti”, 4) affermazione che non di solo pane vive l’uomo; 5) che il Figlio dell’uomo è Padrone anche del “Sabato”. Kolakowski non è né credente né cattolico, ma è uno dei pensatori più interessanti che ha per altro una grande esperienza del marxismo e della filosofia contemporanea.

Il cristiano, sotto questo profilo, non è soltanto l’esponente di una religione istituita, ma l’incarnazione continua di un modello di vita destinato a far lievitare fra gli uomini una nuova pratica del loro stare insieme. La ricerca oltre la stessa tradizione biblica di un Padre amorevole e la proposta della sofferenza e del dolore che possono dare senso anche alla morte, come scrive Julia Kristeva, sono questioni immense che dovrebbero permeare l’intero Spirito di un popolo.

La riconciliazione fra le generazioni e la elaborazione consapevole del significato delle sofferenze sono messaggi che riguardano particolarmente la condizione contemporanea. I giovani hanno terrore degli adulti e spesso li aggrediscono violentemente per ottenere un segno di risposta alla loro presenza. L’educazione alla sofferenza come momento ineliminabile della condizione umana apre la porta a trasformazioni che possono diventare leva di cambiamento del modo di misurare la ricchezza della vita nel rapporto tra le persone. Mentre lo scientismo, ottusamente bloccato sulle conquiste anche importanti che le nuove tecnologie del dolore possono realizzare, diffonde una cultura da anestetico globale, il contatto con l’esperienza del cristiano può stimolare aperture mentali di tipo nuovo sul senso ultimo della vita.

Certo, il convegno di Todi ha visto radunati insieme per la prima volta componenti del mondo cattolico molto eterogenei tra loro e il dibattito che si è svolto va sicuramente studiato con attenzione anche per le diverse posizioni che sembrano emergere sulle questioni più vicine alla politica italiana. I risultati che avrà si vedranno nel tempo, ma è auspicabile che già subito alcuni settori, che sono stati finora troppo disponibili a seguire l’avventura berlusconiana anche nelle pagine più indecorose, si ricordino che essere cristiani impegna ciascuno ad essere a tutto tondo nel primo dovere di essere coerenti in tutti gli ambiti della vita con i principi che si professano.

Il documento che abbiamo proposto all’attenzione di cristiani  e laici è però molto più ambizioso di questi mediocri risultati di schieramento. Esso si propone di far nascere un confronto permanente tra il mondo cattolico e il mondo di quanti continuano a ritenere che sia possibile trasformare radicalmente il nostro modo di vivere e di consumare. Non riteniamo affatto di dare indicazioni alla Chiesa sulle questioni del nostro così triste presente ma, al contrario, sollecitarla ad alzare il livello della discussione pubblica, e  dare una mano a chi pensa che una nuova frontiera epocale si sta aprendo tra chi difende la vocazione “spirituale” degli esseri umani (nel senso della libera ricerca dell’Oltre di ogni orizzonte storicamente limitato al presente) e chi, in uno strano cupio dissolvi, tende a ridurre gli esseri umani ad un puro stadio dell’evoluzione biologica.

Difendere il mistero della vita è per queste ragioni un atto profondamente politico.

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