Matteo Renzi, sindaco di Firenze, di fama “rottamatore” all’interno del Partito Democratico, ha annunciato una nuova convention a Firenze, per fine mese, dal titolo emblematico “Big bang”. Se si poteva aggiungere un po’ di pepe alla “minestra riscaldata” del Pd, Renzi lo ha fatto. Ma quello che stupisce è che comunque, in questo momento, l’immagine del Partito democratico, rispetto alla realtà che l’Italia sta vivendo, è quasi surreale. Di fronte a una maggioranza “scricchiolante” per usare un eufemismo, il Pd che dovrebbe essere la punta acuminata dell’opposizione, vivacchia al suo interno, si divide in piccole aree di riferimento, e sembra completamente privo di ogni comunicazione, o di rappresentazione, con la realtà sociale.
Ne parliamo con Peppino Caldarola, ex direttore dell’Unità, ex parlamentare del Pd, una storia di grande dignità nella sinistra italiana, con l’impegno del militante e l’onestà del giornalista impegnato, che sa anche riconoscere i suoi errori e che soprattutto non rinuncia mai a uno spirito critico non distruttivo, ma teso a trovare delle soluzioni politiche valide.
Caldarola, che cosa ne pensa del Pd, in questo momento?
Una domanda che richiede una risposta quasi problematica. Diciamo che ci sono le vecchie leadership, che si stanno lentamente appannando. I tre leader che meglio rappresentano questa condizione sono Pierluigi Bersani, Massimo D’alema e Walter Veltroni. Possiamo dire che questi tre leader sono cadenti, ma non sono ancora caduti. Tutti pagano qualche cosa del passato: Bersani non ha convinto e convince sempre meno; D’Alema ha avuto qualche frequentazione poco convincente, per cui incappa anche in vicende come quest’ultima che gli ha procurato un avviso di garanzia; Veltroni paga ancora per il fatto che si è dimesso a suo tempo e per altre ragioni ancora.
La sostanza però che appare più preoccupante è il fatto che questi tre leader, cadenti ma non caduti, sono diventati ingombranti.
È una fotografia allarmante dello stato di questo partito, in un momento come quello che stiamo vivendo, di profonda crisi politica ed economica che si intrecciano tra loro.
Certamente. Massimo D’Alema e Pierluigi Bersani si collocano insieme a Stefano Fassina in un’area cosiddetta di sinistra, che si riferisce alla socialdemocrazia, ma in questo caso “molto establishment”; Veltroni e Giuseppe Civati rappresentano una sorta di “nuovelle vague” dell’Ulivo, Matteo Renzi, liberista e “rottamatore”, è una specie di guastatore che ha una enorme capacità comunicativa. Questo è il quadro del partito così come lo vedo e come mi appare.
Naturalmente le tre aree sono in competizione tra loro e non si lesinano dispetti reciproci. Il risultato è che il Pd sembra come una “pentola di fagioli”, che cuoce a fuoco lento.
Scusi, Caldarola, ma questo è il massimo di sinistra politica, non inoltriamoci nella prepolitica o nella concitazione demagogica, che offre il maggiore partito di opposizione? Ci sono disoccupati, precari, lavoratori in ansia, famiglie in difficoltà, ceti medi impoveriti, piccole medie aziende furibonde per le manovre ritardate contro la crisi ecnomica o per il sistema bancario italiano. E il Pd non riesce a entrare in sintonia con tutto questo o almeno con una parte di tutto questo?
Mi dimenticavo di aggiungere che la “pentola di fagioli” cuoce in perfetta autocombustione. Quello che accade nella realtà, al di fuori di questi scontri fra le tre aree, non sembra interessare nessuno. Non c’è alcuna comunicazione fra queste nuove “anime” del Pd e i movimenti che stanno manifestandosi o che si possono vedere nella società italiana. È evidente che un discorso di questo tipo, quello che sto facendo, mi fa pensare che alla fine il Pd potrebbe anche svanire nel nulla, sparire.
Ma a questo punto come finisce l’opposizione italiana di fronte a questa maggioranza che è pure frantumata e spesso sembra che stia insieme perchè è appiccicata con lo scotch?
Credo che alla fine la partita nel Pd se la giochino da un lato l’area di Bersani e D’Alema e dall’altro quella di Matteo Renzi. Ma già immagino quale serie di manovre si metteranno in atto, magari sotto la regia dello stesso D’Alema.
È probabile che, nel rappresentare un cartello unito di sinistra in vista di elezioni, le due aree si elideranno a vicenda. Il risultato sarà che il rappresentante della sinistra nello scontro elettorale diventerà Nichi Vendola, anche simpatico, ma sicuramente perdente.