Un’altra “leggina” ad personam, relegata tra le pieghe nascoste di un decreto, quello sullo sviluppo; non ci voleva tanto a scovarla e, infatti, è stata scovata. Dopo la “salva-Mondadori”, “la salva-eredità”. Del premier, s’intende. Il segugio trovatore, questa volta, è il vice-capogruppo del’Idv a Montecitorio. Che grida allo scandalo. Ma «al di là del caso Berlusconi, vanno valutati gli effetti concreti che la legge provocherebbe. Solo a quel punto è possibile darne una valutazione», spiega, interpellato da ilSussidiario.net, l’avvocato Massimo Penco. La norma, la 542 del decreto sviluppo, (ma si tratta, per ora, di una bozza), in pratica modificherebbe la disciplina del diritto successorio. In senso favorevole alla volontà del premier di privilegiare i suoi figli di primo letto, Marina e Piersilvio. «Attualmente – spiega l’avvocato -, il Codice, in materia di eredità, recita: “Quando con il coniuge concorrono i figli legittimi, i figli naturali o i figli legittimi e naturali, il coniuge ha diritto alla metà dell’eredità se alla successione concorre un solo figlio, e a un terzo negli altri casi”. Questo è il caso classico, contenuto nell’articolo 581. In altri casi, come in assenza di figli, la moglie si può prendere tutto. Quando, poi, «ci sono fratelli e sorelle, al coniuge sono devoluti due terzi dell’eredità se il coniuge concorre con gli ascendenti legittimi o con i fratelli e sorelle, anche se unilaterali». Questo, per dire che i casi potrebbero essere i più diversificati.  



Con la nuova legge, resta la quota dei due terzi ai figli. Ma la metà di tale quota va suddivisa in parti uguali, l’altra, a discrezione del genitore tra uno e più figli. In sostanza, allo stato attuale, dal momento che Veronica Lario è ancora moglie del presidente del Consiglio, lei e i suoi figli, Barbara, Luigi ed Eleonora diventerebbero azionisti di maggioranza della Fininvest. Con la riforma, il timone delle aziende di famiglia resterebbe in mano a Piresilvio e Marina. Valgono, a questo punto, una serie di considerazioni. «Mi sembra – dice l’avvocato – che la riforma vada ad ampliare le maglie di restrittività ampliando i termini discrezionali con cui uno può disporre del proprio patrimonio, per quando non ci sarà più,  con maggiore libertà». Detto questo, «la successione – continua – nel nostro ordinamento è fatta per tutelare i più vicini al defunto, come la moglie, i figli legittimi o naturali, e prevede una quota di “legittima”, quella minima parte di patrimonio che deve esser lasciato ai propri congiunti. Me, oltre alla famiglia, tutela anche il patrimonio e la sua continuità nel tempo». Il problema, in questi casi, non nasce tanto dal fatto che la legge sia ad personam o meno, quanto dal fatto che «bisogna essere molto prudenti nel riformare norme che vanno a influire profondamente anche sulla cultura di un Paese. Non si tratta solo di soldi, ma anche della gestione futura del patrimonio. Va da sé, inoltre, che laddove c’è poco da spartirsi c’è anche poco da litigare, dove c’è tanto, il conflitto rischia di diventare ben più alto».



In ogni caso, sulla norma in sé, c’è poco da dire. «Il provvedimento, di per sé, è muto; bisogna vedere come “parlerà” nel caso concreto. Oltre al caso di Berlusconi, in cui viene interpretata come norma ad personam, resta da considerare quali effetti sortirebbe in altri casi e compararli in relazione a patrimoni meno ingenti di quelli del premier, e a situazioni meno o più complicate».

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