“Ce la facciamo o no?”, è il mantra dei recenti e concitati momenti. Ovvero, l’Europa – nella fattispecie: la Merkel, Sarkozy, Barroso e Van Rompuy – domenica hanno dato un ultimatum al premier. Gli hanno chiesto di far le riforme. Subito. Specie quella delle pensioni. E poi, possibilmente, di sloggiare da Palazzo Chigi. Il premier ha incassato, è tornato in Italia, ha convocato un Cdm straordinario e ha messo sul piatto il provvedimento. Con l’aumento dell’età pensionabile a 67 anni. La Lega ha risposto, in sostanza, ”manco morti”. Poi, ci ha ripensato. Un po’, almeno. Ieri, in tarda serata, è giunta la notizia di un accordo. Pare al ribasso. In serata, oggi, si attende la risposta dell’Europa. Una bocciatura, è opinione comune, porterebbe come minimo alla caduta del governo. «Quanto l’accordo sarà in grado di fugare i dubbi e le insistenze dell’Unione europea, sarà relativo al prodotto di un dialogo con l’Ue stessa. Ma attenzione: non si deve immaginare che funzioni con Berlusconi che arriva con il compito fatto e qualcuno che gli mette il voto in pagella…» spiega a ilSussidiario.net l’eurodeputato Mario Mauro, ridimensionando alcune leggende metropolitane. A partire dal vertice di domenica. Dopo il quale ci è rimasta impressa un’unica istantanea: Berlusconi sbeffeggiato dai capi di Francia e Germania.
«Io credo – afferma Mauro – che il presidente del Consiglio traduca sullo scenario mondiale la difficoltà che vive il Paese. Nei consessi internazionali, i leader che interloquiscono con il nostro premier hanno una percezione di lui condizionata, da un lato, dalla forza del nostro sistema ma, contestualmente, dalle sue contraddizioni». Quindi, da parte delle istituzioni e dei governi dell’Unione, «non c’è “niente di personale” nei suoi confronti. C’è, invece, una forte preoccupazione sull’entità del debito pubblico italiano; non si teme soltanto che il nostro Paese sia in pericolo ma che, per l’Europa, costituisca il pericolo». Una preoccupazione giustificata solo in parte: «il giudizio si basa, oltre che sui dati, su un flusso confuso di informazioni; come, del resto, è confuso il nostro scenario politico». Se l’Europa ci teme, noi temiamo l’Europa. «L’Unione – fa presente Mauro – non è un complesso di istituzioni che ha tra le sue prerogative quella di far cadere i governi». Eppure, una sua bocciatura della riforma delle pensioni potrebbe avere effetti nefasti.
«La riforma delle pensioni non va mitizzata», replica. «Le raccomandazioni delle istituzioni dell’Unione, infatti, contengono l’invito a varare un complesso di riforme che renda credibile un’azione continua e sistematica sul debito. Le pensioni rappresentano solo uno dei modi per farlo». Non solo: «E’ stato Berlusconi stesso, per primo, a parlare di pensioni uscendo dal vertice – svela Mauro -. Lo ha fatto per dare un segnale politico e far capire che l’Italia non è un paese per vecchi». Altra “rivelazione”: l’Europa non ha mai parlato di pensioni. «La Bce ci aveva sollecitato in tal senso. Tuttavia, nelle note della Commissione europea, non viene nominata alcuna riforma specifica. Salvo, a onor del vero, quella della giustizia. Perdiamo, infatti, un punto e mezzo di Pil per le sue lungaggini e i suoi ritardi». Quindi, per tornare alla domanda iniziale: ce la facciamo? «Il governo ha tutto il tempo e il modo – risponde Mauro – per dire quali iniziative indente adottare. Non solo possiamo, ma dobbiamo farcela. Del resto, se non ce la facciamo noi, non ce la fa l’Europa. L’Unione non è in grado di reggere il collasso di un Paese come l’Italia».
(Paolo Nessi)