Le trattative sono ancora in corso e si dilungheranno nei mesi a venire. Ma un primo, parziale, bilancio dei rapporti Italia-Ue si può già fare. Riassumendo: il premier domenica è andato a Bruxelles, dove gli hanno imposto riforme lacrime e sangue. Poi ha dovuto assistere alla risata tra Merkel e Sarkozy. A Roma ha avviato una lunga mediazione con la Lega sul tema delle pensioni, incassando però il veto del Senatùr. E così ieri ha dovuto scrivere una lettera d’intenti con le misure richieste dall’Ue e tutto ciò che è già stato fatto. Dopodiché ha partecipato al summit, ottenendo dei sostanziali apprezzamenti. «Ora però bisogna passare dalla parole ai fatti. E mantenere gli impegni. La precisione con le quali sono state elencate le norme da adottare, potrebbe rivelarsi un boomerang se, effettivamente, non saranno adottate», spiega, raggiunto da IlSussidiario.net, l’ex ministro degli Esteri Gianni De Michelis. L’Europa ha mostrato, infatti, di apprezzare il documento. Non ottemperarlo ci farebbe fare, quantomeno, una gran brutta figura. «Con ripercussioni negative da parte dei mercati finanziari. Il rischio – continua De Michelis – è che l’Italia si riveli l’anello debole della catena». Eppure, siamo pur sempre la seconda  industria manifatturiera europea, con un virtuoso avanzo primario. «Questo dovrebbe essere verificato dall’atteggiamento dei mercati. Ieri, invece, nell’ultima asta dei buoni del Tesoro, lo spread è tornato vicino ai 400 punti con i bund tedeschi. Il Tesoro, inoltre, per poterli collocare, ha dovuto emetterli con un mezzo punto rispetto a due mesi fa».
Rispetto all’atteggiamento dell’Europa nei nostri confronti, De Michelis minimizza. «Ieri la Merkel ha stretto la mano a Berlusconi e ribadito che nessuno ha intenzione di denigrare l’Italia. Credo che il vero problema consista, piuttosto, nella capacità del governo di rispondere in maniera adeguata a una crisi di proporzioni immani che pone non solo l’Italia, ma anche l’Europa, di fronte a scelte che nel passato (quando la configurazione del mondo era diversa), non si ponevano».
La vera partita, rispetto anche alle varie ipotesi di commissariamento di questi giorni, secondo De Michelis resta ancora da giocarsi. «Se l’Italia possa avere o meno influenza, lo si capirà l’anno prossimo. A prescindere alla vicende italiane, l’euro non potrà resistere fino a quando la Bce non sarà messa nelle condizioni di operare come la Federal Reserve, “battendo moneta”. Fino ad allora, non sarà possibile evitare che l’euro cada sotto i colpi della speculazione».



Un obiettivo ambizioso. Ma, «per raggiungerlo occorrerà cambiare i trattati. Nei prossimi mesi – spiega – ci sarà, quindi, un duro negoziato, dove la credibilità economica dell’Italia sarà messa in discussione. Paesi come la Germania, in condizioni migliori per affrontare le turbolenze dei mercati e le sfide di un mondo la cui configurazione, negli ultimi 3-4 anni, è cambiata, tenderanno a dettare le regole. Sarà necessaria una grande capacità negoziale per non esser pesantemente penalizzati dalle nuove regole».
Abbiamo solo una chance: «mi limito a osservare che la Germania è in condizioni migliori rispetto agli altri Paesi perché ha dato vita alla Grande coalizione. I sistemi bipolari, in epoca di crisi e cambiamenti, dove son necessarie scelte impopolari, risultano molto più deboli. Per questo è necessario allargare la base di governo. Le elezioni, d’altro canto, sarebbero disastrose. Azzererebbero la nostra capacità di negoziazione in un momento decisivo per il futuro».



(Paolo Nessi)

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