Continua il pressing del governo italiano su Lorenzo Bini Smaghi, perché si dimetta dal board della Bce dove ricopre l’incarico di consigliere. Pare, infatti, non aver intenzione di mollare la sua poltrona. Il che starebbe facendo irritare a dismisura la Francia. Da quando infatti Mario Draghi è succeduto alla guida dell’istituto bancario a Jean-Claude Trichet, Parigi si trova senza un proprio uomo in consiglio. L’Italia, cosa ancor più inaccettabile ne ha due. Un elemento che contribuisce ad aggravare la situazione che vede, sullo sfondo, una crisi dalla quale non si riesce a usciere e un’Italia sempre più a rischio.
«E’ questo il vero problema; se alla Bce sieda Bini Smaghi o un altro è del tutto ininfluente», afferma Francesco Sisci, corrispondente de La Stampa, cui ilSussidiario.net ha chiesto di raccontare come percepisca la situazione la Cina. «E’ un “non problema al cubo” – spiega –. In Cina non sanno neanche che Bini Smaghi esista. Rappresenta un “tecnicality” misteriosa. Io, personalmente, non l’ho mai visto citato in un solo articolo», dice. «Oggettivamente – aggiunge -, sono, invece, profondamente preoccupati della tenuta dell’Europa e dell’euro». Non solo: «L’Italia, in particolare, li preoccupa. E parecchio. La vedono come la miccia di una possibile esplosione globale. Hanno capito che se salta l’Italia crolla l’euro. E se crolla l’euro crolla il mondo». Com’è prevedibile, a questo punto, non hanno avuto sentore neppure di quanto avvenuto domenica scorsa al vertice europeo, dove a chi gli chiedeva se si fidassero dell’Italia e del suo premier, Angela Merkel e Nikolas Sarkozy hanno risposto con una risata. «E’ un episodio troppo piccolo. I cinesi si preoccupano dei problemi che possano avere oggettivamente un impatto sul loro Paese. Certo, si scandalizzano, ad esempio, quando ritengono che Berlusconi faccia uscite sconvenienti. Ma il solo parlarne sembrerebbe loro insensato». All’atto pratico, quindi, preferiscono concentrarsi sul da farsi. «In Europa non mancano i soldi. Ma la fiducia. La Cina è disposta, quindi, anzitutto a sostenere i Paesi dell’Unione. Non a caso, in questi giorni, ci sta dando un “voto di fiducia”». Si tratta di un primo passo. Il successivo, potrebbero essere gli investimenti.
Tuttavia, la strada da percorrere non è semplice. «Cosa significa investire in Europa? Non ci sono, infatti, ad oggi, Eurobond. Il problema che si pongono, quindi, è molto concreto: “investiamo in bond tedeschi o greci? In operazione dirette o indirete? Nel mercato finanziario, o infrastrutture? Credo – conclude – che procederanno secondo la opportunità del mercato e del momento». E se dovessero essere introdotti gli Eurobond? «Credo, a quel punto, che non sarà più necessario l’intervento della Cina…»