Diciotto anonimi senatori avrebbero indirizzato una lettera a Berlusconi; ignoti i firmatari, i sospetti son ricaduti sui più naturali indiziati del momento, Beppe Pisanu e Claudio Scajola. Che negano. Di aver aderito alle missiva, come di aver capeggiato la rivolta, concretizzatasi, ieri sera, durante una cena.  Se chiedete in giro, d’altro canto, tutti giurano di non aver preso visione o aver mai ricevuto la lettera. Eppure i contenuti circolano. E le richieste degli “scontenti” agitano il centrodestra. «Sarebbe un errore tuttavia, lanciare immediatamente l’accusa di traditori e voltagabbana; o, al contrario, derubricare la vicenda a piccoli mal di pancia», afferma Marcello Veneziani interpellato da IlSussidiario.net. Dalla lettera, proviene un invito. A Berlusconi, anzitutto. Che suonerebbe, più o meno, così: “caro Silvio, ti rinnoviamo lealtà, stima e fiducia. Ma, se ti fai da parte, è meglio. Il centrodestra, se non si allea con l’Udc, non resiste. Casini ci starebbe anche a fare un accordo. Ma, con te, mai”.
Che dire? «Ognuno cerca un riferimento per sopravvivere al dopo Berlusconi. L’impressione di molti, all’interno del centrodestra, al di là degli annunci di durata fino al 2013, è che stia già pensando a un colpo di teatro improvviso per andare alle urne e proclamare a gennaio la crisi del governo. Si tratta, quindi, da un lato di una valutazione politica, dall’altra di un istinto di sopravvivenza che porta i parlamentari a reagire con modi più o meno scomposti. Resta da capire, dal momento che il divario tra la rappresentazione e la realtà è enorme, se si tratti di una ragionevole posizione politica o del tipico sasso lanciato nello stagno per agitare le acque». Veneziani, sugli “scontenti”, aggiunge: «non credo che abbiano scelto un posizione precostituita; stanno sondando il terreno. Si stanno mettendo in quella posizione borderline che consente, eventualmente, un salto dall’altra parte; ma anche di portare un contributo al dopo Berlusconi, restando nel centrodestra». Nel merito dei contenuti del dissenso, è convinto che «perseguire l’ipotesi di un’alleanza con Casini, nonostante tutte le comprensibili crisi di rigetto, sia oggi l’unica strada praticabile per aprire uno scenario futuro perché, al momento, non c’è altra prospettiva. Credo sia inevitabile tentare di negoziare con chi rappresenta, con tutte le sue contraddizioni, un interlocutore meno inaffidabile degli altri».



Il centrodestra non è il solo a trovarsi in una condizione problematica. «Lo sfascio totale riguarda il quadro politico nel suo complesso. Non vedo un solo soggetto in crisi che non richiami la crisi strutturale ed endemica di tutto il sistema. Colpisce destra a sinistra, seppur con genesi diverse, in egual misura». Cosa ne sarà, dunque, del Pdl? «L’ipotesi più probabile – spiega – è che dopo l’uscita di Berlusconi si scomponga e si ricomponga il quadro politico. In questo scenario mi sembra difficile immaginare un Pdl che resti con le attuali forze in campo. L’opzione più ragionevole è che si regredisca da quel bipartitismo artificioso, di fatto fallito; e che si torni a quel bipolarismo costituito da alleanze in cui sussistono più forze; con tutti i rischi dell’eterogeneità che, tuttavia, sono presenti anche nei partiti monolitici». Il partito fondato da Berlusconi, a quel punto, potrebbe frantumarsi: «può darsi che la separazione venga governata. E che ci si accorga che, mancando Berlusconi, che nel bene e nel male ha svolto la funzione di elemento unificante, ci si debba dividere; magari, in una componente di destra, una liberale e una cattolica.



(Paolo Nessi

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