Una direzione nazionale molto accesa quella del Partito Democratico di oggi. Arturo Parisi, promotore del referendum per abrogare la legge elettorale, ha accusato il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, di non avere schierato il partito in favore del referendum: «In un sistema quale quello che voi proponete per il governo del Paese il segretario dovrebbe presentarsi dimissionario per difendersi dall’accusa di aver inferto un grave danno al partito proponendo una linea che si è dimostrata radicalmente sbagliata». Le critiche sono arrivate anche da Walter Veltroni. Secondo l’ex segretario «il governo di responsabilità è la via maestra e le due scelte, elezioni o governo di responsabilità non possono essere messe sullo stesso piano anche perché più si parla di elezioni più si indebolisce la prospettiva di dar vita a un governo capace di farci uscire da questa fase politica torbida e pericolosa. Il Pd esca con una proposta politica chiara e inequivocabile».
«Stupisce che ci siano dirigenti che, invece di valorizzare il lavoro del partito, lo azzoppino», ha dichiarato Bersani al termine dei lavori.
Nella sua relazione aveva indicato le sue linee guida: «Per me il Pd non è un optional e io non sono il segretario di un optional. Il nostro orizzonte sono le elezioni ma non ci sottraiamo al governo d’emergenza, che aiuti a fare una nuova legge elettorale e a uscire dalla crisi».
Per quanto riguarda invece le eventuali alleanze, secondo Bersani è necessario «promuovere un incontro delle forze moderate e progressiste per la ricostruzione dell’Italia», e fa sapere di non avere un «pregiudizio di partenza su quello che chiamiamo nuovo Ulivo». Si vedrà a metà dicembre, quando il Partito Democratico dovrà lanciare il suo progetto per il Paese.
Per fronteggiare invece la crisi economica, che Bersani definisce «la più profonda dal dopoguerra ad oggi», è necessario «rafforzare l’asse della nostra politica mettendola all’altezza dei problemi. Dobbiamo riabilitare l’Italia e ridare il buon nome all’Italia». E «se Berlusconi è inchiodato alla sedia è perché l’Italia si è inchiodata a lui.
Si è scelta una scorciatoia illusoria. Ma salvatori della patria non ce ne sono, bisogna chiedere e ottenere una buona politica e fare quel che non si è fatto in questi anni: riforme per uno Stato più leggero, una nuova legge elettorale, un nuovo sistema fiscale, un nuovo patto sociale».
Anche in conferenza stampa, Bersani ha confermato che «al 2013 non ci si arriva. Siamo gli unici nel panorama internazionale che si sono legati alla volontà di una persona sola, compresa la Lega che non corrisponde nei suoi gesti politici a un malumore dilagante soprattutto al Nord. Quanto alle prospettive, ho sempre detto che al 2013 non ci si arriva, e guardando alle ultime vicende non posso che confermarlo».