Il Big Bang, la tre giorni organizzata dai rottamatori del Pd capitanati dal sindaco di Firenze, Matteo Renzi, si è trasformata sui giornali in una resa dei conti tutta interna al partito guidato da Pier Luigi Bersani. Le accuse, le repliche sferzanti e le intemerate si sono sprecate. Eppure, al di là delle diatribe fra partiti e all’interno del Pd, l’azione di Renzi si nutre di un pensiero economico che ha come riferimenti almeno tre esperti, come lo stesso sindaco di Firenze ha riconosciuto: gli economisti Luigi Zingales e Tommaso Nannicini, e il giurista del lavoro Pietro Ichino. Le idee dei tre passano da un liberismo classico e per certi versi radicale, come quello di Zingales, a un blairismo come quello sostenuto da Nannicini, fino a progetti liberal e modernizzatori come quelli di Ichino.



Chi non esita a invocare un Blair italiano è proprio Nannicini, docente di economia alla Bocconi e adesso ad Harvard per un anno sabbatico: «Manca solo un imprenditore politico (leader o partito) che accenda la miccia. Un Tony Blair italiano che trovi il coraggio di rischiare di prendere qualche calcio», ha scritto Nannicini in un libro che ha curato e che è appena uscito: “Non ci resta che crescere – Riforme: chi vince, chi perde, come farle” (Università Bocconi Editore). Nannicini non esita ad auspicare che il Blair italiano sia proprio Renzi.



Il prof bocconiano propone una metafora per condensare il suo pensiero: per crescere l’Italia deve potare protezioni, garanzie e sinecure nelle pensioni, nel lavoro e nel fisco. Sì, occorre potare un po’ anche le protezioni contrattuali a fini di mobilità sociale ed economica, secondo l’economista che ispira Renzi: «C’è da fare quella che ormai è chiamata la riforma Ichino – ha scritto nell’introduzione al libro -, con uno spostamento dell’enfasi dalla protezione del lavoratore in azienda alla protezione sul mercato. Tutti a tempo indeterminato ma nessuno inamovibile. E a tutti, in caso di perdita del posto di lavoro, una forte garanzia di continuità del reddito». Sarà un caso, ma da Renzi non sono arrivate critiche serrate, come quelle di altri esponenti della sinistra, all’impegno dell’esecutivo di voler riformare la normativa sui licenziamenti affinché le aziende possa assumere con nuove regole.



I prof renziani propongono di potare anche qualche sinecura previdenziale. Le idee sono all’insegna di un riformismo europeo: «Estensione del metodo contributivo con il criterio pro-rata a tutti, anche a quelli per cui finirebbe per contare per un solo anno di contribuzione», scrive Nannicini. Non solo: «Abolizione delle pensioni di anzianità per tutti quelli che hanno una frazione (anche piccola) dell’assegno pensionistico calcolato con il metodo retributivo; finestra anagrafica unica di 63-67 anni per accedere al pensionamento, con assegno proporzionato alla speranza di vita secondo coefficienti attuariali aggiornati annualmente».

Potature anche sul fisco: «La pressione fiscale sui fattori di produzione dovrebbe essere ridotta, a scapito dei percettori di rendita. E si dovrebbe valutare anche la percorribilità di detassazioni selettive per donne e giovani. Un rinnovato patto fiscale non può non porsi il problema del riequilibrio degli strumenti di imposizione su imprese piccole e grandi, con le seconde che hanno spazi di elusione in più».

Ma chi è l’economista che spera che Renzi sia il Blair italiano? Nannicini, 37 anni, è docente alla Bocconi e ha iniziato a interessarsi di politica “folgorato” da Giuliano Amato, candidato in Toscana ai tempi del suo primo voto nel 1992. Il prof renziano ha poi fatto politica nei Ds (sull’onda del progetto Amato e della mozione Morando al congresso di Pesaro del 2001). L’obiettivo politico? Creare un partito democratico aperto e inclusivo, che abbandonasse le vecchie culture politiche di riferimento e facesse davvero i conti col liberalismo.