Walter Veltroni e Matteo Renzi insieme? Perché no? Un’alleanza tra il rottamando e il rottamatore non è da tutti i giorni. Ma la politica è capace di sorprese. E così, la voci di una possibile partnership tra i due si fanno sempre più insistenti. E plausibili. Secondo voci di corridoio, obiettivo dell’ex sindaco di Roma sarebbe quello di lanciare Renzi come candidato premier, Casini come candidato al Quirinale. Poi, dopo sette anni, reclamerebbe per se la carica più alta dello Stato. «Chiariamo subito: dubito che Veltroni intenda realmente traghettare Renzi a Palazzo Chigi. Sa bene che è troppo giovane per guidare il Paese. E’ più probabile che lo utilizzerà come elemento di disturbo per riaprire i giochi in seno al Pd», dice a ilSussidiario.net Peppino Caldarola, opinionista ed esperto di questioni politiche. E, proprio in seno al Pd, si sta assistendo ai prodromi di una guerra per la guida del partito, cui ha funto da pretesto il referendum. «Il segretario – spiega Caldarola – è ancora una volta in difficoltà. Vi è un problema di fondo non risolto, che vede da un lato Bersani proclamare un nuovo Ulivo, con Di Pietro e Vendola, e dall’altro Veltroni che spinge per un governo di transizione». I quesiti referendari dovranno passare al vaglio della Corte Costituzionale. Il solo fatto, però, che per presentarlo sono state raccolte un milione e 200 mila firme, potrebbe avvicinare la fine della legislatura.
«L’avvicinarsi delle elezioni anticipate fa riemergere il problema della leadership e, con esso, tutti i relativi contrasti interni. Accanto ad una buona quota di dirigenti del Pd che pensa che Bersani sia il candidato naturale, emergono altre ipotesi. Candidature suggestive, come quella di Rosi Bindi: o l’idea di Veltroni secondo la quale occorra far pressione per candidare qualcuno che abbassi la media generazionale e pensioni una quota della vecchia dirigenza dalemiana». In questo scenario, «Renzi, che non ha mai nascosto la sua volontà di candidarsi, potrebbe fungere da punto d’appoggio per quella parte del partito che vorrebbe metter da parte Bersani». In effetti, secondo la strategia di Veltroni, sarebbe il grimaldello ideale per far saltare i dignitari democratici. «Oltre a voler accantonare il vecchio gruppo dirigente, è anche la riposta meno di sinistra alla leadership del Pd: è quello che si è schierato con maggior nettezza con Marchionne e contro il sostegno alla Cgil. Può essere il punto di riferimento per quella parte del partito che ritiene urgente una collocazione in un ambito più moderato rispetto alla svolta a sinistra di Bersani».
In ogni caso, sia Renzi che Veltroni, sono ben consapevoli di come stiano realmente le cose: «Molti dei cosiddetti rottamabili, dato il robusto consenso che hanno alle spalle, difficilmente potrebbero essere tali. Renzi ha usato intelligentemente il termine perché sa bene che nel Paese c’è grande insofferenza nei confronti di una classe dirigente immobile e lo ha usato per emergere nazionalmente, facendo leva su una grande capacità mediatica. Una gara tra Renzi e Bersani, tuttavia, darebbe la vittoria a Nichi Vendola. Le divisione del Pd farebbe, infatti, emergere la compattezza di Sel». Resta la questione della presidenza della Repubblica. Che Caldarola non esclude: «Sia D’Alema che Veltroni sono consapevoli del fatto che non sono candidabili ora alla presidenza della Repubblica. Difficile, infatti,che dopo un ex comunista, ne salga al Quirinale un altro. Entrambi sono suggestionati dall’idea di un cattolico. In ballo ci sono Romano Prodi e Pierferdinando Casini. Verso chi dei due si orienteranno D’Alema e Veltroni non è facile stabilirlo».
(Paolo Nessi)