«Vedo molta ipocrisia nell’aria», avverte Emma Bonino. Il referendum sulla legge elettorale ha guadagnato le prime pagine dei giornali e ha smosso un quadro politico piuttosto ingessato, ma i radicali, questa volta, non saranno della partita.
«Gli stessi promotori del referendum – dice la vice presidente del Senato a IlSussidiario.net – dicono in privato ciò che non dicono in pubblico. Vale a dire che questo referendum ha altissime probabilità di essere vanificato per tre ordini di motivi: la possibilità che le forze politiche indicano elezioni anticipate allo scopo di schivarlo, lo stop per ragioni di inammissibilità che potrebbe arrivare dalla Corte costituzionale e il forte dubbio che la “reviviscenza” (far tornare in vita la legge precedente, in questo caso il Mattarellum ndr) sia un dato acquisito.
Per loro stessa ammissione, quindi, si tratta di un “referendum-stimolo”. Che io sappia però non è previsto dalla Costituzione. E se si accusa l’avversario politico di violare continuamente le regole, per coerenza bisognerebbe evitare strappi che inferiscono ulteriori ferite a uno stato di diritto già moribondo».
Lei perciò non crede la che soluzione al problema della rappresentanza passi dai due quesiti?
Un ritorno al Mattarellum forse “conviene” rispetto al Porcellum, ma di certo non “risolve” né il tema della rappresentanza, né quello della governabilità. Anzi, temo proprio che in questo modo si possa mettere la parola fine a qualsiasi riforma in senso maggioritario, che tra l’altro gli italiani avevano indicato con la schiacciante vittoria del referendum del 1993. Anche quello tradito dai partiti.
Tra l’altro, mi sembra che la corsa al referendum abbia stimolato divisioni tra proporzionalisti e maggioritari che difficilmente troveranno una sintesi. Senza neppure il merito di aver fatto emergere posizioni chiare e univoche, dato che è ancora il tatticismo a prevalere.
A proposito di governabilità, anche voi radicali, come i referendari, siete contrari al premio di maggioranza.
Non siamo contrari a un premio di maggioranza che garantisca la governabilità, ma all’attuale “truffa” che dà il 55-60% dei seggi a chi ha il 25-30% del consenso.
Ma come mai ha dichiarato di temere molto un voto con il Porcellum e i parlamentari dimezzati?
È ovvio. Sono convinta infatti che, sia nel caso il referendum non vada a buon fine sia nel caso di elezioni anticipate, si andrà a votare col Porcellum, vale a dire parlamentari nominati anziché eletti. Nel frattempo il Parlamento avrà votato il dimezzamento del numero dei parlamentari.
Il risultato sarebbe deleterio: sostituiremmo un’oligarchia allargata con un’oligarchia ristretta, costituita soltanto da deputati e senatori “fedelissimi” al capo.
I maligni dicono che i radicali si oppongono al dimezzamento dei parlamentari perché temono di sparire dal Parlamento?
Per nulla. Noi radicali da tempo propugniamo una profonda e organica riforma dell’istituto parlamentare, compresa la riduzione dei suoi membri e di tutti i privilegi, ma le attuali proposte scaturiscono unicamente dall’antiparlamentarismo che sta dilagando nel Paese, spesso sovrapponendo in modo confuso antipolitica e antipartitocrazia.
Più che “caos creativo” siamo di fronte al caos e basta.
Cosa intende dire?
Basta guardare l’attuale balletto sui numeri: c’è chi chiede di ridurre i deputati a 250, chi a 400, chi opta per 300, chi risale a 458. Sui senatori invece c’è chi punta ai 150, chi si contiene a 200 e chi non vuole i senatori a vita.
Il punto però è un altro: non si può prescindere dalla necessità di far sì che il parlamentare torni ad essere l’eletto dal popolo e non nominato da una burocrazia partitica. Se non si parte da questo, la riduzione del numero dei parlamentari gioverebbe solo al mantenimento dei poteri della “casta”. Il suo vero potere, infatti, è la gestione del meccanismo di nomina (e di controllo) delle due Camere.
Se si vuole dare un segnale immediato e forte alla gente si abolisca il finanziamento pubblico ai partiti, che oggi in maniera ipocrita si chiama rimborso elettorale.
Se davvero vuole togliere il potere di nomina dei parlamentari alle segreterie di partito perché si è dichiarata contraria all’abolizione delle liste bloccate? Preferisce l’uninominale?
Noi siamo per l’abolizione delle liste bloccate, ma allo stesso tempo siamo anche contrari al ritorno alle preferenze che tanti danni hanno provocato (dal voto di scambio, al clientelismo, fino alla compravendita di voti).
Noi siamo fautori dell’uninominale – meglio secco, ma anche a doppio turno – con collegi relativamente piccoli – fattore questo che il dimezzamento del numero dei parlamentari già inibirebbe – come unica strada per consentire un rapporto diretto, a misura d’uomo, tra elettore ed eletto. Come in Inghilterra.
Ci spieghi meglio.
Lì i cui collegi non superano gli 80-100 mila elettori. Noi invece, riducendo soltanto il numero di parlamentari, rischiamo di arrivare al grottesco dei macro, anzi dei mega-collegi elettorali, dove un miliardario o un conduttore televisivo possono sbaragliare candidati capaci, ma con pochi mezzi e poca fama.
In Italia abbiamo provato praticamente tutto, “porcate” comprese: vogliamo per una volta provare un sistema di diritto anglosassone che tutti indicano come quello “più democratico” al mondo?