Proseguono al Quirinale le consultazioni del Capo dello Stato con i vari rappresentanti dei partiti al fine di decidere in serata la nomina del nuovo capo di Governo che prenderà il posto di Silvio Berlusconi, e l’attesa maggiore è per la serata, quando saranno ricevuti il segretario del Partito democratico e poi quello del Popolo della libertà. Intanto il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini ha guidato la delegazione del Terzo polo nelle consultazioni per la crisi di governo e nel colloquio con il capo dello Stato ha auspicato che il governo Monti possa essere un esecutivo «fino al termine della legislatura». Inoltre Casini ha chiarito che «tatticismi e furberie non sono ammessi: i partiti sono al bivio. O speculano sulla situazione, magari sperando in qualche rendita di posizione, o si assumono insieme la responsabilità di salvare il Paese, come da noi sollecitato, da soli e per primi, in questo periodo». IlSussidiario.net ha contattato l’onorevole Paola Binetti.
Onorevole, secondo lei la squadra di ministri di Monti dovrebbe essere composta da tecnici o da politici?
In questo momento sarà inevitabile avere una squadra di tecnici e questo è un fatto ormai assodato, ma ci sono delle domande che dovremmo porci: fino a che punto un tecnico deve essere comunque sensibile alla dialettica e alla dinamica politica? Cosa bisogna chiedere a un nostro tecnico oltre alla competenza specifica del proprio settore per governare il Paese, in termini di qualità, sensibilità e di comprensione a una visione globale? Quindi basta essere un tecnico eccellente per essere un buon ministro che guida il Paese in un momento di crisi e di emergenza?
A suo parere il governo Monti dovrebbe essere “a tempo”, “a programma” o arrivare fino a fine legislatura?
Dovrebbe certamente arrivare fino a fine legislatura ed essere naturalmente “a programma”, quindi con degli obiettivi chiari; inoltre, proprio per il grande bisogno dei cittadini di riconciliarsi con la politica, questo governo dovrebbe innanzitutto evitare i tanti grandi errori di Silvio Berlusconi, cioè promettere tutto ciò che poi non può mantenere. Dovrebbe essere un governo sobrio nelle parole e molto credibile nei fatti.
Passiamo al programma: di cosa dovrebbe occuparsi principalmente?
Le cose che dovrebbe fare le conosciamo tutti: innanzitutto rimettere in moto la macchina dello sviluppo perché, e questa è anche la seconda cosa, deve riuscire a dare una risposta propositiva a quel 30% di giovani senza lavoro, indignati, scontenti e arrabbiati, che rappresentano una speranza intelligente del nostro Paese. Inoltre per la prima volta si dovrebbe capire davvero l’importanza della famiglia, mettendo quindi in campo una politica fiscale che sia amica delle famiglie, equa e solidale. La terza cosa importante che dovremmo fare noi in Parlamento è la riforma elettorale, e pensare alla migliore legge elettorale non per questo o quel partito, ma per tutta l’Italia, anche perché non si può pensare di andare a votare tra quindici mesi con quella attuale.
Cosa dovrebbe invece assolutamente evitare?
Dovrebbe evitare di identificare il proprio ruolo di amministratore esclusivamente con la politica dei tagli. che porta a tagliare in modo indiscriminato oppure a tagliare in modo falsamente egualitario, con i cosiddetti “tagli lineari” senza tener conto delle diverse specificità, che possono essere i giovani, le famiglie o gli anziani. Inoltre questo programma non deve permettere che scuola, università e ricerca siano le “Cenerentole” d’Italia, perché il futuro di un Paese passa dalla ricerca, dall’educazione e dalla formazione. La terza cosa che deve essere poi evitata è toccare i cosiddetti “temi sensibili”, e su questo è bene che il governo non metta mano.
Come vede lo stato di avanzamento dei lavori del progetto di Terzo Polo?
In questi ultimi mesi, proprio la situazione drammatica in cui tutti siamo incappati ha obbligato il Terzo Polo a moltiplicare le occasioni di incontro, di scambio e di collaborazione. Il Terzo Polo ha però appena cominciato, ma scommettiamo su un progetto di unità all’interno, perché altrimenti non avrebbe senso pensare, dal mio punto di vista, all’Unione di Centro come un grande partito che si candida con pari dignità degli altri al governo del Paese. Per arrivare a questa prospettiva è necessario che impariamo all’interno del Terzo Polo a costruire aree di convergenza forti su valori chiaramente definiti.
Che ruolo avrà secondo lei l’Udc?
Questo bisognerà vederlo, perché si tratta di cose che maturano sul campo. L’Udc ha una grande tradizione alle spalle, ma è necessario ancora vedere quanto crescerà, come ognuno degli schieramenti si conquisterà il consenso popolare, e fino a che punto questo consenso diventerà di Polo o identitario all’interno del Polo. Mi auguro comunque che l’Udc, fatto di storia, cultura e tradizione, resti il partito leader.
(Claudio Perlini)