La Lega prova a ricollocarsi sulle posizioni oltranziste di un tempo. E, solitaria, si lancia nella battaglia contro l’establishment, il sistema e Roma ladrona. Dalla quale non si schioda ma, sola contro tutti, va all’opposizione. Tra i leader dei gruppi parlamentari, Bossi è stato l’unico a declinare l’invito a sostenere Mario Monti. Non si è neanche presentato al giro di consultazioni e, per telefono, gli ha fatto sapere che il Carroccio non darà la fiducia al nuovo governo tecnico. E adesso? Il terremoto che ha portato alla caduta di Berlusconi difficilmente lascerà inalterati gli equilibri nel partito. A partire dalla leadership. E dal fatto che Maroni, da ministro dell’Interno si riciclerà come capogruppo alla Camera. Al posto di Marco Reguzzoni, esponente del “Cerchio magico”. Un ulteriore passo dell’ex capo del Viminale verso il comando, e un ridimensionamento dei fedelissimi del Senatur? «Bossi, oggettivamente, è stanco. Lo si è visto a Varese, quando è stata contestata la nomina del segretario provinciale. Il Bossi di una volta se il sarebbe mangiati tutti. Invece, è rimasto in silenzio», commenta, raggiunto da ilSussidiario.net Giancarlo Pagliarini un tempo ministro del Bilancio in quota Lega, fuoriuscitone dopo che quest’ultima ha tradito le sue ambizioni federaliste, ma tuttora grande conoscitore dei personaggi e delle pulsioni che la animano.
«Se fa qualche passo indietro – continua a dire riferito a Bossi -, e fa il presidente o il padre nobile del partito, è meglio anche per lui». Secondo Pagliarini, che Maroni diventi capogruppo è la cosa più logica. «Del resto era ministro. Potrebbe, altresì, andare a fare il capo del Copasir, al posto di D’Alema. In quel caso, sarà difficile che possa continuare a ricoprire entrambi i ruoli; il capogruppo potrebbe continuare a farlo Reguzzoni». Considerazioni sulle dinamiche interne a parte, «sta di fatto che nella Lega, in genere, prevale il buone senso. In questa fase, hanno capito che continuare a litigare sarebbe stupido. Tanto più che si sta consumando una tremenda emorragia di voti. La loro gente, infatti, ha capito che l’alleanza con Berlusconi è nata contro natura, e non ha consentito di portare a casa alcun risultato». La Lega di un tempo non esiste più. Non è più quella che aveva entusiasmato tante persone. E adesso, oltretutto, ha dei concorrenti: «Sono nati una serie di movimenti come l’Unione padana alpina o la Lega padana Lombardia che stanno portando via alla Lega tutti i militanti».
Potrebbe essere questo uno dei motivi per i quali ha deciso di reinventarsi come Lega di lotta e di opposizione. «Il problema – sottolinea Pagliarini – è se hanno deciso di farlo per tornare ad essere la Lega di una volta, quella che voleva cambiare il Paese, o perché hanno visto che stanno perdendo dei voti e, di conseguenza, potere (soprattutto quello di nomina all’interno di banche ed aziende). Per quanto riguarda le alleanze e livello locale, per il momento non ci saranno scossoni: «Nelle Regioni dove vige un patto tra Lega e Pdl, l’alleanza andrà avanti sino al termine della legislatura. Si tratta, infatti, di gestione del potere, non della realizzazione di un obiettivo».
(Paolo Nessi)