Dopo due giorni di “gestazione”, come li ha definiti Mario Monti nella conferenza stampa di ieri sera, è giunto il momento di sciogliere la riserva. E così, forte della “matura consapevolezza” delle forze politiche e delle parti sociali, il neoeletto senatore a vita questa mattina potrà salire al Quirinale per presentare al Capo dello Stato la squadra del nuovo governo. «A rendere tutto più difficile – dice Antonio Polito a IlSussidiario.net – ci hanno pensato le dichiarazioni degli uomini di partito, il numero dei gruppi parlamentari che la Seconda Repubblica è riuscita a raggiungere e i numerosi tentativi di far sprofondare nel minestrone politico di sempre il nuovo esecutivo. Non ci sono mai state, comunque, delle alternative. Ora, a cominciare dalla sua composizione e dalla forza (anche simbolica) che questo governo avrà, potremo capire quali risultati riuscirà a ottenere».
Ieri c’è stato un momento in cui sembrava che tutto potesse saltare. Secondo lei, da parte di Pd e Pdl, ci sarà un sostegno convinto o, come lascia intendere qualcuno, al momento buono non sarà difficile chiudere la transizione e tornare alle urne?
Non credo che siano in molti a voler fare i sabotatori. I due principali partiti hanno accettato questa soluzione a costo di grandi sacrifici e credo che siano consapevoli del fatto che il governo Monti, con il passare del tempo, è destinato a rafforzarsi in Parlamento. Soprattutto se riesce a ottenere dei risultati sul piano dell’emergenza finanziaria. D’altronde, la scomposizione politica è in atto e le alleanze sono molto meno strette di prima. Chi prova a giocare col fuoco rischia di ritrovarsi con il cerino in mano.
Cosa intende dire?
Fra tre o quattro mesi gli attuali leader non potranno più “staccare la spina” tanto facilmente. In quel caso credo che si formerebbero nuove maggioranze per continuare l’esperimento. Questo Parlamento, infatti, vuole vivere e completare la legislatura. Detto questo, ci sono alcune componenti che oggi hanno tutto da perdere e che quindi restano in fibrillazione.
Ad esempio?
Gli ex colonnelli di An, oggi nel Pdl. Per loro un anno di governo con Gianfranco Fini significa la perdita di ogni peso e rilevanza. Stiamo parlando degli stessi “cattivi consiglieri” che convinsero Berlusconi a rompere con l’attuale leader di Futuro e Libertà e che in questa fase hanno provato a spingere il Cavaliere lontano da Monti. Come si è visto, però, già oggi non vengono più ascoltati.
Quale sarà, invece, il programma di questo nuovo esecutivo? “Lacrime e sangue” non è lo slogan giusto, secondo il futuro presidente del Consiglio.
Di certo i sacrifici per contrastare la crisi non mancheranno. Quanto il nuovo governo riuscirà a chiedere e a ottenere dipenderà però dall’abilità politica del professore. Monti oggi ha dalla sua parte il 65% degli italiani. Con lui c’è chi voleva che la stagione di Berlusconi finisse al più presto, ma anche chi, pur credendo ancora nel Cavaliere, era arrivato alla conclusione che servisse una svolta. Stiamo parlando comunque di un consenso profondo, disponibile ai sacrifici. Se il futuro premier riuscirà a muoversi con intelligenza ed equanimità nella giungla degli interessi e delle corporazioni di questo Paese il governo durerà.
Altrimenti?
Se non dovesse riuscire a evitare il conflitto con i sindacati e le professioni i partiti ritroverebbero subito la forza per imporre i loro giochi e mettergli i bastoni fra le ruote.
La transizione che si apre oggi, ad ogni modo, non potrà lascerà immutati i due schieramenti.
Direi di no. Anche se entriamo in un terreno ignoto e inesplorato, ho la netta sensazione che il sistema politico sia destinato a mutare profondamente. Questa esperienza non potrà non approfondire un solco, ad esempio, tra Pdl e Lega Nord. Chiusa la parentesi Monti, infatti, non si potrà far finta di nulla ricominciando da dove ci si era lasciati. Soprattutto se alla guida del centrodestra non ci sarà più né Berlusconi (che per il Carroccio comunque è sempre stato un criptoleghista) né Tremonti (per i padani un leghista tout court).
La stessa cosa riguarda il centrosinistra?
Senz’altro. Il Partito Democratico è destinato allo scontro con la sinistra radicale e, forse, anche con Di Pietro. Se sosterrà Mario Monti, infatti, con ogni probabilità avrà contro la Cgil.
Entrambi i fenomeni, ad ogni modo, portano a una sola conseguenza: il taglio delle ali estreme potrebbe dar vita infatti alla ricomposizione in senso europeo del sistema politico italiano. Un bipolarismo nuovo, insomma, non più giocato su chi è in grado di raggruppare il maggior numero di consensi, ma su chi è più credibile al centro e sa mettere al primo posto il bene del Paese.
Se la transizione andasse per il verso giusto potrebbe regalarci quindi un bipolarismo mite?
La speranza è questa, anche perché la guerra civile strisciante di questi anni ha fallito. Da oggi è in incubazione un fenomeno nuovo. E in un anno e mezzo molte cose possono cambiare…
(Carlo Melato)