Mario Monti è la safety car della politica italiana. È cioè quel fattore che può consentire alla politica italiana di ripensare contenuti e forme del suo contributo al cambiamento e al benessere del paese. Tutto questo tenuto conto che nelle ultime due legislature, quella che ha portato alla caduta del governo Prodi e quella che ha portato alla caduta del governo Berlusconi, i partiti e i leader si sono comportati come quei piloti che per vincere ad ogni costo mettono a rischio la sicurezza della corsa e generano incidenti rocamboleschi.
In questo senso, esattamente come quando si è obbligati ad allinearsi dietro alla safety car, ben poco contano le performance ottenute nelle prove di qualificazione, che equivalgono nel nostro caso alla messa a punto di programmi mirabolanti e ancora meno conta cosa si è fatto nella prima parte della gara (leggi quindi elezioni e avvio delle attività di legislatura in cui si è riassorbiti dagli assilli legati alla gestione del consenso). Tornerà a vincere chi saprà sfruttare la scia della safety car comportandosi cioè non come un manager del consenso, ma come un vero leader, che abbia la forza e la caparbietà di ancorare ai sacrifici che il governo Monti è chiamato a richiedere, immagini e prospettive di riforme di medio termine che rappresentino per i cittadini elettori l’orizzonte di senso di questi sacrifici.
Non so se il professor Monti possa o voglia riconoscersi nell’immagine della safety car, ma mi piace evocarla perché ritengo che il suo impiego sia non contro la politica, ma al contrario sia un’opportunità per consentire alla politica italiana di sganciarsi dalla logica dello scontro fine a sé stesso per rientrare nei binari della competizione. Competizione: da “cum-petere”, parola latina che significa cercare insieme la soluzione migliore. L’esatto contrario di quanto dimostrato fino ad oggi, sintetizzato da queste dichiarazioni di Antonio Di Pietro contro Gianni Letta: “In questo momento per noi il Paese è un corpo senza testa. Sostenere il governo di una persona perbene e competente come Monti è essenziale… Però deve esserci la più netta discontinuità con il passato. Quindi se c’è dentro Gianni Letta, votare quel governo è votare Berlusconi. E noi non possiamo starci”.
Sul fronte europeo il nuovo governo è chiamato a difendere il nostro paese dalle crescenti spinte antieuropeiste e di conseguenza anti-italiane di molti leader. Martedì scorso a Bruxelles ho incontrato il neo-premier Monti confermando l’appoggio pieno ed incondizionato anche della delegazione italiana all’interno del partito popolare europeo. A Monti ho chiesto essenzialmente due cose: uno, il sempre maggiore coinvolgimento del Parlamento europeo, e all’interno di questo delle delegazioni italiane, nelle decisioni. Da quando è in vigore il Trattato di Lisbona senza di noi si può fare veramente poco. Due, ho chiaramente detto a Monti che quello che ci aspettiamo da lui non è soltanto di mettere in campo tutta la sua competenza nel trattare le tematiche europee, ma di agire da subito con il chiaro obiettivo di mettere fine ad un approccio intergovernativo dannoso per il nostro paese e per l’Europa intera.
Basta quindi all’asse Merkel-Sarkozy, perché l’atteggiamento di Francia e Germania ha paralizzato l’azione della Ue e della Commissione europea, a cominciare dal varo degli eurobond.