Le acque si stanno parecchio agitando, dalle parti del Pd. A contribuire al nervosismo, ci ha pensato di recente l’ex direttrice dell’Unità, Concita De Gregorio. Che ha accusato il Pd di aver boicottato la elezioni regionali del Lazio del 2010 per impedire la vittoria della candidata del centrosinistra, Emma Bonino.
La De Gregorio ha spiegato che, all’epoca, un alto dirigente del Pd le aveva rivelato che, in sostanza, il piano era questo: lasciare vincere Renata Polverini – l’unica candidatura di Fini – per rafforzare la fronda interna al Pdl, favorire la diaspora, e attendere fiduciosi. Al resto ci avrebbe pensato la crisi. E così, con le dimissioni di Berlusconi, in effetti è stato.
«Francamente, la ricostruzione mi sembra inventata. Credo che la De Gregorio abbia scambiato un gossip proveniente da una sua fonte con una direttiva del partito. Spesso, nel nostro mondo, c’è il vizio di ritenere alcuni “fuori onda” precetti politici»; a parlare così, raggiunto da IlSussidiario.net, è Peppino Caldarola. Che, delle pressioni cui possono essere sottoposti i direttori dell’Unità, ne sa qualcosa, essendone stato direttore dal ’96 al ’98 e dal ’99 al 2000. «Del resto – continua – chiunque può ricordare che la campagna elettorale, allora, fu particolarmente aspra. D’altronde, se effettivamente le cose siano andate così, non capisco perché la De Gregorio non abbia immediatamente denunciato l’intera vicenda, com’è compito di un giornalista con la schiena dritta». Ricordando la sua esperienza da direttore del quotidiano fondato da Gramsci, rivela: «anche allora, in ogni caso, i rapporti con la dirigenza erano difficili». Tra i tanti, ricorda un momento, in particolare, di conflittualità estrema con il partito e il suo segretario.
«Fu quando l’allora segretario dei Ds, Massimo D’Alema, suggerì ai militanti, in un’intervista rilasciata a Prima comunicazione, di non comprare più i giornali sostenendo l’inutilità della carta stampata e scagliando una furiosa polemica contro l’informazione. Io scrissi contro di lui. Entrai in rotta di collisione al punto da tale da essere, alcuni mesi dopo, defenestrato». Questo, tanto per dire che «il braccio di ferro tra un quotidiano d’area e il suo partito fa parte della quotidianità». 
Detto ciò, ci sono altri elementi periferici che disturbano l’equilibrio del centrosinistra. Le dimissioni di Boeri da assessore alla Cultura del comune di Milano, per esempio. «Credo che l’errore sia stato l’ingresso di Boeri in giunta – spiega Caldarola –. La campagna per le primarie è stata molto aspra. Pensare che i due competitor avrebbero potuto sedersi uno a fianco all’altro nel governo cittadino era una suggestione ingenua».



Infine, c’è la nomina di Giampaolo D’Andrea a sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento; che, oltre agli equilibri del Pd, potrebbe minare quelli della maggioranza che sta tenendo in piedi il governo Monti. Nonostante la promessa di un governo composti da soli tecnici, infatti, D’Andrea proviene dal Senato. Il che non è stato digerito dal Pdl. Una questione, tutto sommato, conclude Caldarola, liquidabile: «Credo che si sia fatto ricorso a D’Andrea per il semplice fatto che si tratta di un parlamentare di lungo corso con un’esperienza anche nel governo. Si tratta di un deputato del Pd, di area popolare, che non ha mai preso parte alla dispute interne al partito. Il suo profilo non è mai stato spiccatamente politico».

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