Ci sono anche alcune norme sulla giustizia all’interno del maxiemendamento alle legge di stabilità. Il provvedimento, presentato da Berlusconi al G20 di Cannes per dar prova di affidabilità rispetto alla nostra capacità di solvenza nutre l’ambizione di snellire, finalmente, la durata dei processi. Indennizzando i cittadini che subiscono, a causa delle lungaggini, un danno patrimoniale.  «Un principio giusto; considerando il fatto che la Costituzione prevede la ragionevole durata dei processi. Ma che, tuttavia, non tiene conto di una serie di fattori», è il giudizio di Paolo Tosoni, avvocato e presidente della Libera associazione forense interpellato da ilSussidiario.net. Il risarcimento, pari all’importo del contributo unificato versato, scatterebbe dopo due anni, per ogni grado di giudizio E sarebbe erogato dall’Agenzia delle entrare a 18 mesi dalla domanda. Ma sebbene «come sosteneva Piero Calamandrei, il processo è già di per sé una pena, a prescindere dal fatto che esso sia giusto o meno», la norma non è adeguata al problema. «Date le tempistiche della giustizia italiana – continua Tosoni – affinché non si generi un profluvio di richieste di risarcimenti, sarebbe necessario affiancare l’iniziativa a riforme finalizzate a rendere il processo più celere. Che, a oggi, non sono state ancora messe a punto».



Di fatto, quindi, «la misura, per quanto sacrosanta, è potenzialmente rischiosissima per l’entità degli indennizzi che lo Stato potrebbe trovarsi a dover pagare». È previsto, tuttavia, un incremento del contributo unificato, da parte dei cittadini, per le cause civili. Aumenterebbe del 50% in Appello, del doppio in Cassazione. Le risorse recuperate sarebbero utilizzate per pagare giudici ausiliari con il compito di smaltire il lavoro arretrato. «Il problema della lentezza dei processi in Italia non dipende unicamente da una carenza di organico tra i magistrati: vi è una carenza anche di cancellieri, di strutture, di informatizzazione; non sono stati, inoltre, adeguatamente razionalizzati gli istituti processuali e i tribunali. Non è sufficiente, quindi, aggiungere qualche giudice per snellire e velocizzare la giustizia».



Rispetto alla maggiorazione, in ogni caso, l’avvocato non ha dubbi: «La trovo sensata. Mentre, infatti, nel processo penale sono regolati i rapporti tra i cittadini e lo Stato, e sarebbe iniquo chiedere contributi per attivare il processo e i successivi gradi di giudizio, nel processo civile si tratta di controversie tra privati; dove il cittadino, quindi, usufruisce di un servizio». Ma il servizio già si paga con le tasse… «Sì, ma se vi è insistenza nei successivi gradi di giudizio, per evitare la temerarietà del continuo ricorso, è giusto adeguare ai costi attuali la richiesta di un’ulteriore erogazione del servizio».  



In tema di professioni – quindi, anche quelle giudiziarie – si è parlato, infine, di liberalizzazioni. «Se ci si limita all’abolizione dei minimi tariffari – è l’opinione di Tosoni – si può anche essere d’accordo. Ma l’abolizione degli ordini professionali sarebbe un grave errore; non tanto per un’autoconservazione della casta, quanto perché la professione dell’avvocato forense deve essere protetta a tutela dei cittadini. I consigli professionali, infatti, sono gli unici in grado di garantire un certo controllo».