Alfonso Papa, deputato del Pdl agli arresti domiciliari perché coinvolto nell’inchiesta sulla loggia P4, apre un caso. La sua situazione infatti è qualcosa di inedito nel panorama politico italiano. Viene infatti conteggiato nel numero legale della Camera dei deputati, ma non può votare. Proprio recentemente Papa, il cui arresto è stato deciso lo scorso 20 luglio dopo voto sull’autorizzazione a procedere della Camera, ha ottenuto gli arresti domiciliari dopo circa tre mesi di detenzione in carcere. In un momento così traumatico come quello che sta vivendo il governo in procinto di presentarsi davanti a un nuovo voto di fiducia e con l’emorragia di suoi esponenti che passano all’opposizione, è ovvio che ogni singolo voto, anche quello di Papa, diventerebbe fondamentale.
IlSussidiario.net ha chiesto un parere sull’intricato caso giuridico-parlamentare al professor Francesco Semeraro, giurista, docente universitario, collaboratore parlamentare. “E’ un caso inedito, non risultano precedenti analoghi” ci ha detto. “Di fatto Papa, pur essendo agli arresti domiciliari, è a tutti gli effetti ancora in carica nel suo ruolo, riceve anche la sua indennità parlamentare eccetera. Per questo motivo viene calcolato anche lui nella conta del numero dei componenti del Parlamento, essendone lui un componente viene incluso nel cosiddetto numero legale”. Chiediamo al professor Semeraro di chiarire meglio la situazione: essendone ancora membro effettivo, dunque Papa potrebbe votare, ma non può fisicamente farlo non potendo raggiungere la sede di voto: “Esattamente” risponde Semeraro. “In questa situazione sarebbe ipotizzabile, ripeto è una ipotesi, che lui stesso formuli richiesta di poter partecipare al voto, a fronte di un passaggio così importante come lo è un voto di fiducia. Quindi con le opportune cautele del caso, cioè di controllo da parte delle forze di sicurezza, potrebbe recarsi in aula a svolgere la sua funzione. Ma a questo punto diventerebbe piuttosto che un problema costituzionale, un grosso problema di procedura penale”.
Non è ipotizzabile che venga sostituito nel voto? “No, non è una procedura prevista dal nostro sistema parlamentare. L’unica possibilità in questo senso sarebbero le sue dimissioni. Secondo la legge elettorale vigente verrebbe sostituito dal primo dei non eletti della sua lista e a quel punto si ricostituirebbe il plenum, un plenum che nel suo caso è solo sulla carta, non è effettivo in quanto manca la possibilità di voto”.
La maggioranza si è lamentata con il presidente della Camera Gianfranco Fini per la sua mancanza di intervento sul caso: “Ma il presidente della Camera non ha alcuna disponibilità di muoversi in un caso come questo. Abbiamo un deputato in custodia cautelare, deve essere lui a fare richiesta di partecipare al voto. E’ una problematica nuova, ma che si può porre. D’altro canto ci sono detenuti nelle sue identiche condizioni a cui è concesso andare al lavoro o recarsi sotto controllo in certi orari a sbrigare certe mansioni. Che il presidente della Camera si attivi invece su questo fronte non è qualcosa previsto dalle norme. Non stiamo parlando di qualcosa che pregiudica la funzionalità dell’aula”.