Il Paese, il governo, Berlusconi: tutto è assiso in un instabile equilibrio. Le sorti degli ultimi due sono appese a un filo. Che in molti intendono recidere. E, tra non molto, ne avranno, con ogni probabilità, modo. Non c’è, tra questi, Marco Follini, senatore del Pd. Che, interpellato da ilSussidiario.net si dice convinto che «la Legislatura deve giungere alla fine. In uno scenario politico, tuttavia, completamente diverso». Ma ci sono gli scontenti, i malpancisti, i traditori che dir si voglia, da una parte; dall’altra gli antiberlusconiani oltranzisti, che da tempo fremono in attesa di vedere scorrere lungo il fiume il cadavere dell’acerrimo Cavaliere. Resta da capire se ognuno di questi accantonerà sfoghi, rivalse, ambizioni e pulsioni personali per lasciare spazio a un’ipotesi di riconciliazione nazionale. Il primo banco di prova è oggi, quando la Camera voterà il rendiconto del bilancio dello Stato.
«Credo che, in questo momento – dice Follini -, la cosa importante sia sancire la priorità dell’interesse generale sugli interessi di parte, compresa la nostra. L’opposizione può dare un contributo che sarà tanto più decisivo quanto saprà stare alla larga da ogni ombra di faziosità». In tal senso, «mi par di capire che, questa sera, alla Camera, ci sarà l’astensione di tutti i gruppi di opposizione – aggiunge -. Starà, a questo punto, alla maggioranza saper dimostrare di avere i numeri vantati e che, probabilmente non ha più». Detto ciò, Follini non si dice particolarmente appassionato dal pallottoliere in Parlamento. «Cerco, invece, di capire quali riflessi e conseguenze possano derivare dalle scelte strategiche che si fanno». Tra queste, Follini ne indica alcune prioritarie: «Occorre sospendere le ostilità e varare un governo di tregua guidato da una personalità terza, al di fuori della mischia di questi ultimi tempi e che assuma come priorità una sorta di agenda europea, a cominciare dalle indicazioni della Bce». Tali indicazioni, congiuntamente a quelle della Ue, secondo il governo sono contenute nel maxiemendamento alla legge di stabilità sulla quale il premier si è detto intenzionato a porre la fiducia.
«Mi sembra che sia – replica – un provvedimento largamente insufficiente perché, dal punto di vista del rigore, se non si mette mano alla materia previdenziale si finisce per disattendere le indicazioni europee; e, dal punto di vista della crescita, non c’è nulla che indichi che si stia imboccando un percorso di sviluppo dell’economia». Resta pur sempre in ballo la questione della fiducia, determinante per le sorti del governo. «Non si può chiedere all’opposizione di svestirsi delle sue convinzioni», anticipa.
«La novità – continua – sta nel fatto che una parte della maggioranza sta smottando in parlamento e la politica perseguita dal governo viene costantemente bocciata dai mercati, come l’andamento degli spread rivela drammaticamente. Allora, il punto non è il derby tra maggioranza e opposizione, ma come si possa imboccare un percorso politico di risalita». Che esclude del tutto la permanenza di Berlusconi a Palazzo Chigi. «E’ legato a un nuovo quadro. A un’ipotesi di collaborazione tra le principali forze politiche che si stringano attorno ad un programma minimo di emergenza. E’ quanto ci chiede, del resto, il mondo e la maggior parte del Paese. Non a caso, una proposta di questo genere è stata sottoscritta dalla maggior parte della categorie produttive, che hanno sospeso il tradizionale conflitto di classe».
Per il sentore, la base della nuova compagine governativa non potrà essere presenta dalla zoccolo duro dell’attuale: «parlo di un assoluto rimescolamento delle carte; è necessario sospendere lo scontro in atto e ragionare su come i principali partititi – su basi assolutamente paritarie – possano collaborare per uscire dalla stretta in cui ci troviamo». Su chi debba guidare il nuovo governo, non si sbilancia. «Sarà una persona indicata dal capo dello Stato. La quale, non ho subbi, sarà scelta da Napolitano nel rispetto delle garanzie costituzionali».
Tuttavia, l’obiettivo di molti, è quello delle elezioni anticipate. «E’ la cosa meno improbabile che possa capitare. Ma sono tra quanti si batte per la continuità della Legislatura. Precipitare alle urne, lasciando irrisolti i nodi dell’economia, non è certo la mossa migliore da fare». Nell’eventualità, il segretario Bersani sembra sempre più convito a dar vita ad un alleanza col Pd e l’Idv. Che Montezemolo, intervenendo su ilSussidiario.net, ha definito la minestra riscaldata della vecchia Unione. Senza, peraltro, la presenza di Prodi. «Personalmente – dice Follini – ho più volte sottolineato come non mi convinca la foto di Vasto e un’alleanza sbilanciata a sinistra per un partito con una vocazione a gettare un ponte verso i moderati; e che ha la possibilità di intercettare una quota dei consensi in fuga dal sistema berlusconiano».
(Paolo Nessi)