Paolo Gentiloni è un esperto del mondo delle comunicazioni. È con tutta probabilità il competente “numero uno” del Partito democratico e per questa ragione, venerdì durante il dibattito sulla manovra, è stato firmatario di un ordine del giorno che ha cancellato, azzerato, il cosiddetto “beauty contest” per la concessione di cinque o sei frequenze televisive stabilito dall’ex ministro allo Sviluppo, Paolo Romani, che di fatto assegnava a Rai, Mediaset, Telecom (Sky ha detto che non partecipava senza un’asta) le frequenze senza alcun onere e senza alcuna gara. Gentiloni è stato ministro delle Comunicazioni nel secondo governo di Romano Prodi e con l’approvazione di questo ordine del giorno potrebbe anche togliersi un “sassolino dalla scarpa”. Ma l’ex ministro appare molto più realista e meno ricco di iperboli, se così si può dire, dei cofirmatari dell’ordine del giorno, il leghista Roberto Maroni e il leader dell’Italia dei Valori, Antonio Di Pietro.
Ci scusiamo per l’incompetenza, Gentiloni, ma queste frequenze lo Stato le mette solo in concessione, non è che le vende, vero?
Certamente, vengono messe in concessione e possono rendere un po’ di quattrini. In un momento di crisi economica come questa, è importante il passaggio che è stato fatto ieri. Il fatto cioè che sia stata bloccata, cancellata la formula che di fatto faceva un “regalo di Natale” anche a Mediaset, e si possa introdurre, istiuire un’asta, cioè una vendita con una gara per ottenerle.
Ma il ricavato di questa asta può influire anche sulla consistenza della manovra, nel senso che potrebbe portare più “fieno in cascina”?
No, questo non è possibile. Ci vogliono tempi adatti per studiare il dossier, come ha detto il ministro Corrado Passera e occorre formulare criteri equilibrati per istituire l’asta. Non è una cosa semplice.
Scusi Gentiloni, quante sono e quanto dovrebbero essere valutate queste frequenze?
Si tratta di cinque o sei frequenze (l’incertezza viene da una posizione che riguarda Telecom) che possono avere una base di partenza d’asta di 250 milioni di euro, stabilendo un raffronto con frequenze simili messe all’asta in settembre. Che si sono poi aggiudicate Tim, Vodafone e Wind al prezzo di 350 milioni per frequenza. Quindi, se il paragone è valido, con una nuova asta si possono ricavare da un miliardo e mezzo a due miliardi di euro. Non è semplice valorizzarle.
Ci può spiegare per quale ragione non è semplice valorizzarle?
Le televisioni non hanno un gran bisogno di queste frequenze. Ne hanno già molte. Certo, che se gli si fa un regalo, lo prendono volentieri. E chi antepone, come ha sempre fatto Silvio Berlusconi, gli interessi aziendali a quelli statali, le avrebbe ricevute volentieri. E questo regalo, in un momento di gravissima crisi economica, appare profondamente ingiusto. L’interesse per queste frequenze viene da coloro che sviluppano il digitale terrestre, che occupa meno spazio dell’analogico e quindi consente più canali, e soprattutto dall’evoluzione dei cellulari in questi ultimi dieci anni. Qui si apre il capitolo di internet, della rete, cioè dei cellulari, dei tablet che collegano a internet. Sono questi ultimi che hanno letteralmente “fame” di frequenze. È per questa ragione che occorre scegliere criteri equilibrati per istituire un’asta.
Mi faccia capire, chi parteciperà a quest’asta tra qualche mese quando sarà istituita?
Sono tre i soggetti principali. I broadcaster (gli editori televisivi), le grandi società che gestiscono le reti e i telefonici. È tra questi tre soggetti che bisogna trovare un equilibrio e vedere di collocare al meglio le stesse frequenze.
Mi scusi se le cito un’ipotesi complottista. Silvio Berlusconi avrebbe approvato la manovra di Mario Monti, svendendo il “pacchetto pensioni” in cambio della salvaguardia di queste frequenze televisive. Può essere una cosa reale?
Ma non credo proprio. È vero che lui ha sempre anteposto gli interessi di Mediaset, ma in questro caso si trattava di un “regalo di Natale” che stato giusto e un bene stoppare. E dopo il passaggio in Parlamento di ieri non si può più tornare indietro. Quindi bisognerà a questo punto studiare il dossier e vedere come e quando isituire l’asta. Questo è il nocciolo della vicenda.
La sua posizione sembra non solo più realista, ma anche meno “velenosa” di quella del leghista Roberto Maroni e di Antonio Di Pietro.
C’è anche una diversa posizione attuale in Parlamento. Appartengo al Partito democratico e sviluppo una critica costruttiva soprattutto di fronte a questa manovra. Non c’è dubbio che Maroni abbia lanciato un segnale a Berlusconi…
Di che tipo?
Beh guardi, mi lasci rispondere in questo modo. La Lega Nord conosce bene i desideri dell’alleato di questi anni o del possibile ex alleato e sa, quando occorre, dove attaccarlo. Aggiungerei questa considerazione: l’unica volta che in questo Paese si è andati vicino alla formulazione di una legge contro il conflitto di interessi, è stato nel 1995, quando la Lega, ai tempi del cosiddetto “ribaltone”, era contro Berlusconi.
Per una possibile asta sulle frequenze si è già prenotato anche Michele Santoro insieme ai suoi suppoters. Dice che hanno raccolto un milione, ma che sono pronti a raccoglirne cento.
Credo che anche Sky ci dovrebbe ripensare e anche editori di televisioni locali come Sandro Parenzo. Adesso vediamo come si muoverà il ministro Corrado Passera dopo il passaggio di ieri in Parlamento. Sono d’accordo che bisognerà studiare bene il dossier e istituire un’asta equilibrata per valorizzare bene queste frequenze, e valorizzarle al massimo.
(Gianluigi Da Rold)