Antonio Polito, editorialista del Corriere della Sera, osserva, analizza la situazione politica, che si sta evolvendo dopo l’approvazione della manovra, ma con molta onestà dice di non sapere, di non poter fare previsioni sul futuro e tanto meno sulla durata del nuovo Governo di Mario Monti. Polito, l’impressione è che dopo le speranze che il “Governo dei tecnici” aveva portato, solamente un mese fa, ora si deve affrontare un cammino che è sempre molto duro e che non dipende ovviamente da fattori italiani. «Il senso di incertezza dipende dall’efficacia delle misure di questa manovra. Se vanno bene, se lentamente la questione si aggiusta, credo che il Governo ce la può fare. Ma è verissimo che ci sono tanti fattori da considerare: il quadro economico internazionale, la vicenda dell’euro, la questione che riguarda la futura possibilità di ricreare condizioni di crescita. Qui bisogna intendersi bene. Finora, il Governo ha fatto quello che ha potuto fare e la manovra è servita a tamponare una situazione di emergenza. Ma non si può dimenticare che stiamo camminando su una passerella stretta in un mare in tempesta».



C’è stato un attacco durissimo dei sindacati a questa manovra e a questo Governo. Può essere il segnale di una svolta anche nel consenso popolare che sinora il Governo Monti ha avuto?

Non credo a questo. Penso che il consenso popolare verso il Governo sia ancora ampio. Nonostante le ribellioni di alcune lobby alle liberalizzazioni e nonostante anche la posizione assunta dai sindacati.
I sindacati, in questo momento, stanno subendo effettivamente l’iniziativa del Governo. Il potere di veto che hanno avuto per tanti anni, nella vicenda di tanti governi, in questo momento sembra non esistere più. Qui è passato un provvedimento sulle pensioni incredibile per portata e ampiezza. Pensiamo solo a quanti Governi sono caduti o comunque hanno dovuto fare marcia indietro di fronte a un provvedimento di radicale riforma sulle pensioni. Ma la questione per i sindacati non è ancora finita. Il ministro del Welfare, Elsa Fornero, sta preparando riforme sul mercato del lavoro. Qui non c’è in ballo solo la vecchia questione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Se solo si passa a un welfare personale, di sussidio al singolo lavoratore, e salta la vecchia Cassa integrazione, che cosa succede? Accade che i sindacati restano fuori gioco e non possono trattare più. Tutta questa materia crea condizioni del tutto nuove in questo Paese, anche per quanto riguarda il ruolo che hanno sempre svolto i sindacati.



E i partiti come si stanno comportando? Stanno tranquilli per sopravvivere in una situazione politica che è, per alcuni aspetti, anche anonima?

I partiti in questo momento stanno cercando di mediare e di riorganizzarsi. Non possono fare altro. Del resto, quando alcune lobby protestano, innanzitutto si rivolgono ai partiti. Che altro possono fare? Io credo che i partiti potrebbero accompagnare ancora meglio il cambiamento che si deve realizzare in questo Paese. A volte ci sono fasi storiche dove si possono operare cambiamenti che dovevano essere fatti da tempo, ma che nessuno si assumeva la responsabilità di fare”.



La resistenza contro certe liberalizzazioni è molto dura. 

Certo che è dura, ma alla fine le lobby sono delle “tigri di carta” se vengono affrontate con una certa grinta. Che cosa possono fare? Una serrata delle famacie? Per quanto tempo? Io ricordo che uno dei pochi momenti di popolarità del Governo Prodi ci fu nel “braccio di ferro” con i tassisti. Poi, certamente, penso anche a liberalizzazioni in campi ben più consistenti. Ma il problema è che bisogna incominciare a farle.

Trova anche lei che manchi la cosiddetta seconda fase di questa manovra, cioè i provvedimenti per la crescita?

La crescita non la si può inventare. Vedo che adesso anche Giulio Tremonti sta riscoprendo i provvedimenti di crescita. Il fatto è che qui, con la manovra di Monti, è stato messo un tampone e le tasse hanno poi conseguenze inevitabilmente recessive. Il problema è vedere se da questa manovra c’è la possibilità, dopo un certo periodo, di poter riproporre condizioni di crescita. E ripeto, tutto questo non dipende neppure solo dall’Italia.

Anche se non si possono certo fare delle previsioni per il futuro, lei crede che, dopo questa parentesi del Governo di Mario Monti, avremo ancora lo stesso sistema politico, con questi partiti e con questi protagonisti?

No, credo che assisteremo a una grande svolta. Almeno questa è l’impressione di fondo. Certamente occorrerà vedere le conseguenze che si avranno dopo un periodo come questo sul piano ecnomico, politico e sociale. Ma l’impressione è che si aprirà una nuova e completamente diversa fase politica italiana.

(Gianluigi Da Rold)