Che Berlusconi fosse tutt’altro che intenzionato ad acquietarsi e uscire di scena. per ritirarsi a (sfarzosa) vita privata, si sapeva. Ai suoi recenti lunghissimi e strategici silenzi, non ci ha mai creduto nessuno. Nemmeno chi, oggi, terorizza e celebra la fine del berlusconismo. Chi ci ha creduto veramente, invece, ha avuto un’orrenda sorpresa, ieri, quando a una cena prenatalizia con i senatori del Pdl, l’ex premier è tornato all’attacco. Spiegando che, se Monti introdurrà ancora nuove tasse, il Pdl non sosterrà più il governo. E si andrà a nuove elezioni. Soprattutto se si riuscirà a strappare un accordo all’Udc. A quel punto – ha detto Berlusconi – la vittoria sarebbe scontata. E anche le urne. «Berlusconi non ha illustrato un automatismo. Ma ha fatto presente che, laddove si dovesse votare, una delle prospettive sarebbe quella di compattare, in Italia, l’area che, in Europa, fa riferimento al Partito Popolare Europeo. Udc e Pdl, infatti, a Strasburgo e Bruxelles siedono tra i banchi del medesimo gruppo», puntualizza, raggiunto da ilSussidiario.net Carlo Giovanardi, senatore pidiellino, un tempo nel partito di Casini. «L’ipotesi in campo – continua – è assolutamente, ragionevole. È, tuttavia, complicata notevolmente dal fatto che l’Udc fa parte del Terzo Polo, di cui fanno parte anche Fini e Rutelli; e che è continuamente oscillante tra il centrodestra e il centrosinistra». In effetti, l’ostacolo non è indifferente. «Del resto, un accordo del genere sarebbe stato fattibile pure 2 mesi fa. Anche allora Berlusconi lo propose a Casini. Un’alternativa al governo dei tecnici, infatti, avrebbe potuto consistere in una maggioranza allargata. La risposta, piuttosto monotona, dei diretti interessati, è sempre stata: “ok all’accordo con il Pdl. Ma mai se l’interlocutore continuerà ad essere Berlusconi”».
Altra conditio sine qua posta dall’Udc per la stipula dell’alleanza, è, da tempo, l’abbandono dell’asse privilegiato con la Lega. Su queste pagine, Rocco Buttiglione si era spinto a non escludere una fusione che desse vita al Partito Popolare Europeo Italiano. Ma il partito, oggi guidato da Alfano, avrebbe dovuto scegliere: o la Lega, o l’Udc. Fatta la fusione, solo allora si sarebbe potuto parlare di accordi con Bossi. Ebbene, resta da capire se Berlusconi scaricherebbe definitivamente l’alleato di sempre per l’Udc. «È da escludersi nella maniera più assoluta. Presentarsi alle urne senza il Carroccio significa matematicamente perdere le elezioni e regalare il Paese alla sinistra», dice Giovanardi. «Lo ha ribadito anche ieri, all’incontro con i senatori. Significherebbe, quantomeno, perdere Veneto, Piemonte e Lombardia. Un suicidio incomprensibile, come dimostra quanto avvenuto nel ’96. Quando il centrodestra, senza i leghisti, andò all’opposizione».
Alla luce di quanto detto sinora, l’accordo con l’Udc risulta inverosimile. «Casini – replica Giovanardi – è stato per 15 anni alleato con la Lega, con i voti della quale è stato eletto presidente alla Camera e con la quale ha governato e governa tuttora in numerose giunte comunali, provinciali e regionali. In politica, quindi, mai dire mai».
(Paolo Nessi)