Il Governo dei tecnici, presieduto da Mario Monti, tiene l’ultima riunione dell’anno nel giorno in cui scade un’asta di bot significativa e alla vigilia di un’altra asta di titoli ancora più impegnativa. Sul tavolo del consiglio dei ministri, secondo i media scritti e televisivi, ci sarebbero le “misure per la crescita”, la cosiddetta “fase due” della manovra, che dovrebbe garantire la parità di bilancio per il 2013, la credibilità internazionale dell’Italia e nello stesso tempo creare le condizioni per lo sviluppo del Paese. Troppa grazia Sant’Antonio ! Poiché tutto questo si riflette sui mercati, gli occhi dei ministri che stanno a Palazzo Chigi sono probabilmente puntati sui monitor che riportano i valori di Borsa. E lo spettacolo per i membri del Governo non è edificante. L’asta è andata “ufficialmente” bene, ma piazza Affari ha perso e lo spread è risalito sopra i 500 punti, a 511 per l’esattezza, con rendimenti che si avvicinano ancora al 7 percento. Come al solito, la giornata è partita bene, ma la chiusura è venuta male. Dalle indiscrezioni sulla riunione del Governo, si dice che la misura più sicura possa essere l’aumento, di poco più dell’uno percento, delle tariffe autostradali. Arrivano poi notizie, contrastate e poco edificanti, sul crollo dei consumi natalizi, sulla corsa ai “saldi” di Mendrisio, paesotto svizzero al confine con l’Italia; su una nuova contrazione della forza lavoro. Il consiglio dei ministri si chiude dopo tre ore e, a quanto pare, si è discusso molto ma si è concluso poco. In altre parole provedimenti significativi, a quanto si è appreso, non si sono varati. E’ possibile che questa “fase due” sia una sorta di speranza che è difficile concretizzare in provvedimenti. Sarà il compito principale per il Governo nel 2012. Ma l’impressione è che ci sia una tale vaghezza in questi provvedimenti per la crescita, che diventa quasi grottesco insistere su decreti che stabiliscono, come d’incanto, la ripartenza di un Paese che è bloccato da quindici anni, prigioniera di una crescita modesta. Fa impressione in tutto questo un continuo chiacchiericcio il discorso sulle liberalizzazioni, che poi si tratterebbe di liberare il mercato dell’aspirina, dei viagra; l’orario dei negozi; il solito tormentone sui taxisti. C’è grande prudenza invece per i provvedimenti sulla riforma del mercato del lavoro. Intanto, mentre il Governo mette a punto la sua agenda per le prossime settimane, con un occhio sempre vigile sull’andamento delle aste dei titoli e sullo spread, i partiti che si sono autosospesi dalla politica, quasi si esercitano in scenari futuri che riguardano il sistema politico del dopo-Monti. Così Francesco Giro, esponente del Pdl, sostiene che l’intervista del ministro Andrea Riccardi al Corriere della Sera non ha creato “nessun malumore all’interno del Pdl”. Un fatto che deve essere, nella testa di Giro, di estrema importanza. Poi c’è una dichiarazione dell’ex ministro Altero Matteoli, che probabilmente sta già brindando al prossimo anno, perché si augura di ristabilire un asse tra Pdl e Lega Nord, con un recupero anche dell’Udc.



Poi, Matteoli si dimostra scettico sulla “fase due” della manovra dei tecnici. C’è anche l’ex ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, che definisce “minutaglie” i parlamentari del Pdl che potrebbero confluire nell’Udc. Poi le consuete “sparate” contro il Governo dei tecnocrati da parte della Lega Nord, con un Roberto Calderoli particolarmente scatenato, le ricorrenti critiche dell’Italia dei valori di Antonio Di Pietro e le perorazioni del Partito democratico sulle liberalizzazioni, quelle che abbiamo citato prima. In altri termini, se è concesso dirlo in questo coro di approvazione per il Governo, uno spettacolo al limite della desolazione e del conformismo irritante, soprattutto da parte dei media che sembrano impegnati in una operazione psico-politica, un principio della quale specifica: “Un’operazione di propaganda accuratamente pianificata e messa in pratica per ottenere specifiche comportamenti della gente”. Insomma una serie di dichiarazioni da “saldi di fine anno”, che probabilmente non colgono fino in fondo sia la fase di acuta incertezza economica e finanziaria che vive il mondo intero, non solo l’Italia e poi la scarsa visione politica di fondo. Come si può pensare che nulla cambi dopo quello che avvenuto da questa estate a oggi al mondo politico italiano? E’ vero che siamo nel “paese dei gattopardi”, ma pensare che il sistema politico attuale, con dei partiti che mediano faticosamente con il loro elettorato per fra digerire le amare medicine di questo Governo, possa riprendere come d’incanto nel 2013, sembra un’utopia fuori da ogni senso pratico e da ogni ragionevole sguardo sulla realtà che sta maturando nel Paese. Forse una classe politica più responsabile, più attenta ai problemi delle persone, dovrebbe non limitarsi a sperare in bilanci da portare in pareggio e in crescite da decretare a tavolino, ma dovrebbe investire tutto il Paese in un grande dibattito dove, con tutta la coesione possibile, si potrebbe cercare una via d’uscita in tempi medio-lunghi ragionevoli. Innazitutto non nascondendo la realtà: la Borsa, in un anno, ha perso il 25 percento; il potere d’acquisto è calato; la disoccupazione, soprattutto quella giovanile è sempre alta; la pressione fiscale è ai massimi storici, mentre la credibilità dei partiti è ai minimi storici. E le riforme che si aspettano da vent’anni? Quelle sono sempre sulla carta. Anzi, poiché si avvicina il “veglione di fine anno”, possiamo dirlo alla francese “à la carte”.

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