Durante la seconda edizione del Berghém Frecc, la festa provinciale della Lega, Umberto Bossi ha lanciato il proprio attacco contro il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e il premier Mario Monti, ma anche al Paese e a Garibaldi. Dal palco, e davanti a una folla impazzita, il Senatur torna anche a parlare di indipendenza, spiegando le azioni già fatte e i movimenti futuri: «Nei giorni scorsi – ha detto Bossi – sono stato a Bolzano e ho firmato un accordo, nei prossimi giorni andrò anche a Innsbruck e poi a Barcellona, tutti i popoli d’Europa sono con noi, si stanno accorgendo che la Padania è un’occasione, un treno che passa una volta sola e questa volta ce la faremo o con le buone o con le cattive, perché ci siamo rotti le scatole». Così è tutto pronto per la grande manifestazione milanese del 22 gennaio a cui, a detta di Bossi, è necessario partecipare «perché non ci si può lamentare senza lottare, è ora di mettersi in gioco, soprattutto i giovani». E al grido di “secessione, secessione” ecco l’attacco a Mario Monti a causa dei «danni che stanno facendo alla gente del nord». «Di danni ne stanno facendo Monti e il suo fedele alleato Berlusconi, tutto quello che dice la sinistra stanno facendo», continua Bossi, «Noi della Lega non moriamo mai. Questo Monti non capisce niente, non è riuscito a creare un solo posto di lavoro: era molto meglio mettere un imprenditore che non un professore che nelle commissioni fa lezioni di economia che non funzionano». Secondo il leader della Lega, «anche un cretino capirebbe che se aumenti le tasse la gente ha meno soldi e si produce di meno. È il Nord che deve pagare per un’Italia che non abbiamo voluto». Infine dito puntato anche contro Giorgio Napolitano: «Abbiamo subito anche il presidente della Repubblica che è venuto a riempirci di tricolori, sapendo che non piacciono alla gente del Nord», mentre riguardo al governo Monti «è stato voluto e messo lì dal presidente della Repubblica, non ce ne dimenticheremo».  Infine, come se non bastasse, a Bossi arriva la voce delle origini napoletane del Capo dello Stato, seguita dal commento del Senatur: «Non sapevo che l’era un terun».



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