Alle novità che emergono nella realtà sociale e generalmente non prevenuto verso posizioni anche distanti dalla sua visione, risponde con molta schiettezza ad alcune domande sulla manovra approvata dal Governo di “impegno nazionale” di Mario Monti.
Lei è stato sindaco di Venezia per molti anni: che peso avrà questa nuova manovra sugli enti locali?
Il solito peso che ormai sta diventando insopportabile. È da 25 anni che si fanno manovre sulla pelle degli enti locali. E si continua a farle in questo modo. La manovra varata dal governo di Mario Monti non sfugge a questa logica. Al limite, con sconforto, potrei affermare che questa non rappresenta più una novità. Il peso della manovra sarà inevitabile per le casse degli enti locali. A cominciare da un aumento delle tariffe per il trasporto urbano e per gli altri servizi. Come si potrebbe fare altrimenti? Evidentemente non c’è altra logica in Italia quando si devono correggere i conti dello Stato.
Come vede nel suo complesso questa manovra? Che cosa potrà provocare nella stessa sinistra?
Indubbiamente nella manovra sono stati accolti i suggerimenti, chiamiamoli così, del Pdl. Non è passata infatti la patrimoniale, che poteva quanto meno dare un carattere di maggiore equità a tutto l’impianto della manovra. Credo che anche un ritocco dell’Irpef sui redditi alti poteva essere accettato. Si trattava di un messaggio significativo, quello di far concorrere tutti a dei sacrifici che in questo momento sono necessari. È invece passata questa deindicizzazione delle pensioni che creerà inevitabilmente qualche problema nella sinistra e che spero si possa aggiustare nel dibattito parlamentare.
Anche i sindacati hanno da ridire, usando un eufemismo, su questa deindicizzazione. Si salvano solo una fascia di pensionati, quelli che guadagnano meno di poco più di 900 euro al mese.
Sì, questa è una cosa che effettivamente non sta né in cielo, né in terra e che bisogna cercare di modificare.
Che cosa potranno fare i sindacati di fronte a una manovra di questo genere?
Tutti in Italia, in questo momento di grave crisi economica e finanziaria, hanno pochi margini di manovra. Anche i sindacati leveranno le loro proteste, che sulla questione delle pensioni sono giuste, legittime e doverose, ma poi sostanzialmente che cosa possono fare?
C’è infine la questione delle Province, che sono state ridotte e quindi sulla strada di essere cancellate. È realistico pensarlo?
A queste cose credo poco. Ritengo che la questione delle Province appartenga più al campo degli “annunci” che a quello della realtà. Si può facilmente immaginare, data la questione e tutte le implicazioni che comporta, quanto tempo ci vorrà per completare una simile operazione. Siamo solo agli annunci in questo caso.
Questo farebbe parte dei tagli della politica.
Devo dire che il discorso di Mario Monti in generale mi è piaciuto. Ma non mi è affatto piaciuto il suo annuncio pubblico di rinunciare allo stipendio. È stato di cattivo gusto ed è apparso come una stonatura. Sarebbe stato meglio che l’avesse fatto senza dire nulla. E che magari gli italiani lo avessero scoperto a cose fatte. Annunciarlo in questo modo, fa parte delle cose che è meglio non fare.
(Gianluigi Da Rold)