Divisi in Italia e uniti in Europa. Sinora, si era soliti definire in questi termini il rapporto tra Pdl e Udc, schierati in opposte fazioni in Parlamento, ma assieme nel Partito Popolare Europeo. Ieri però, ha avuto inizio la plenaria del ventesimo congresso del Ppe. Dove uno scambio di battute al vetriolo ha fatto intendere che la divergenza italiana riflette la realtà in maniera più precisa della convergenza europea. «Sotto la quercia (Berlusconi ndr), non crescono platani, ma funghi», ha detto il presidente dell’Udc, Rocco Buttiglione. L’argomento era la fusione tra i due partiti, mentre la metafora indicava l’uscita di scena dell’ex premier come condizione necessaria per innescare ogni sorta di ragionamento. «Buttiglione non è un grande specialista di giochi di luci ed ombre perché rispetto a noi lui è un bonsai», ha replicato il segretario del Pdl Angelino Alfano. Tutto finito, prossimi al divorzio definitivo? Macché. IlSussidiario.net ha interpellato proprio Rocco Buttiglione per chiedere ragguagli sulla vicenda. E abbiamo scoperto che i giochi sono tutt’altro che chiusi. «Lo scambio di battute, in effetti, c’è stato», spiega. «Ma è stato aggiunge – molto amichevole». La fusione resta all’ordine del giorno. «Aspettiamo di capire come si definiranno i nostri rapporti», dice. L’idea di Alfano è quella di una costituente popolare, dove chi ha le medesime radici si unisca. Il che pone, tuttavia, una serie di problemi. «Ricordiamo, anzitutto, che Berlusconi, prima, ha unito i moderati, poi, li ha divisi. Ma la fase berlusconiana è finita. E con essa, i suoi pilastri: una certa visione del potere personale e la scelta di avere un rapporto privilegiato con la Lega».
Quindi, anzitutto, un preambolo all’ipotesi di unione: «Tra noi e la Lega, Alfano dovrà scegliere noi. Si può abbracciare l’equidistanza tra due partiti alleati; non tra un partito alleato e uno con il quale ci si vuole fondere. Dell’alleanza con il partito di Bossi, se ne parlerà in seguito, anche alla luce di quello che sarà diventato. Ma prima, sarà opportuno definire la nostra identità».
Altra questione determinante, il capo: «Non è pensabile fare un Partito popolare attorno a un leader che non sia Berlusconi ma che, in ogni caso, sia indicato da Berlusconi. Attorno a lui, l’unità non è possibile, attorno a Casini, forse. Se, tuttavia, Casini non andasse bene, si può fare un’altra proposta». In ogni caso, la scelta di chi guiderà la nuova formazione, dovrà rispettare alcuni criteri. «Tale guida dovrà essere legittimata attraverso un procedimento di selezione democratica. Nulla osta che personaggi influenti e punti di riferimento delle due formazioni possano incontrarsi per proporre una candidatura unitaria. Anche le primarie sono uno dei modi con i quali si può attivare il processo anche se, personalmente, preferisco regole interne serie e la convocazione di congressi». Secondo Buttiglione, «dovremo, inoltre, instaurare un dialogo privilegiato con il popolo cristiano, che in Italia sta crescendo e si sta mobilitando e rappresenta la vera risorsa per salvare il Paese». Fatte queste premesse, resta da capire se vi sia condivisione su contenuti, valori e ideali di fondo. «Non lo so – confessa Buttiglione -, questo occorre accertarlo. Il fatto è che tutta la politica ha subito un processo di corruzione ideale. Per tanto tempo abbiamo assistito a una politica che immaginava che la questione della produzione della ricchezza fosse già risolta dal mercato; e che si è fondata sulla distribuzione di vantaggi per ottenere consenso».
Veniamo, allora, alla visione di fondo che dovrebbe animare entrambe le anime del futuro partito. «Oggi, è centrale il tema della creazione della ricchezza e le modalità con le quali tale questione si determina. Ci sono una serie di concetti dai quali non si potrà prescindere: il lavoro, il sacrificio personale, la famiglia come scuola in cui si forma la personalità, il mercato come strumento al servizio della persona, e la solidarietà come fattore produttivo. In sostanza: un insieme di antiche virtù che sono state frettolosamente archiviate». Cosa ne sarà di Berlusconi? «Credo che potrà assumere lo stesso ruolo di Blair in Gran Bretagna, Clinton negli Stati Uniti o Khol in Germania. Personaggi che hanno fatto la storia, e hanno una rispettabile età; che scrivono memorie, danno saggi consigli, e intervengono in circostanze eccezionali, come ha fatto di recente Kohl. Ma che, di certo, non hanno un ruolo attivo nella politica».
(Paolo Nessi)