Di Pietro è tornato all’attacco e accusa il Pd e il Pdl di tramare nell’ombra, organizzando accordi sottobanco per sostenere il governo; accordi il cui frutto, sarebbe proprio la manovra finanziaria. Il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, con un inedito fare tutt’altro che conciliante, liquida la questione con un aut aut: o Di Pietro corregge la rotta, o «vada per la sua strada». Raggiunto da ilSussidiario.net Stefano Ceccanti, senatore del Pd e docente di Diritto costituzionale, fa presente che «sta avvenendo tutto in maniera trasparente e alla luce del Sole. Altro che accordi sottobanco». Richiamandosi a una ben nota espressione democristiana, il senatore definisce l’attuale maggioranza come un tipico caso di «convergenze parallele. A differenza delle grandi coalizioni, dove i principali partiti governano insieme, in questo caso il clima politico precedente era talmente polemico da impedire una tale soluzione; di conseguenza si è trovato un punto di equilibrio in cui c’è un governo che viene sostenuto per ragioni proprie, ma convergenti tra le principali forze politiche». L’obiettivo comune è solamente uno: «salvare l’Italia. L’alternativa era quella di andare a elezioni con una proposta politica inadeguata. Ci saremmo, infatti, presentati tutti alle urne con coalizioni non in grado di non governare».
E’ sufficiente, in effetti, ricordare i recenti avvenimenti politici: «Il fatto che la Lega abbia rotto frontalmente con il Pdl e che Di Pietro abbia questi problemi rivela come entrambi avremmo dato vita ad alleanza che, in caso di vittoria, una volta al governo non avrebbero retto». E adesso? Cosa ne sarà delle alleanze del Pd? «In democrazia – spiega Ceccanti – le coalizioni si fanno intorno al partito più forte, che detta una linea. Le formazioni che non ci stanno, sono fuori». In tal caso saranno decisivi i prossimi mesi di governo Monti. «Alla fine di questa esperienza, saranno alleabili quei partiti che avranno sostenuto insieme il governo con un profilo analogo. Ovvio che siamo alternativi al Pdl. Ma il legame con Di Pietro sarà possibile solo laddove, nel corso della durata del governo Monti, il suo partito avrà votato come noi». In particolare, ci sono alcune questioni sulle quali un distinguo tra i nostri partiti determinerebbe un’inconciliabilità di fondo.
«Anzitutto, gli impegni internazionali dell’Italia. Siccome non si può dar vita ad una coalizione che si spacca appena si emana il primo decreto semestrale, sarà necessario che l’Idv, eventualmente, pur esprimendo una contrarietà di fondo, si impegni a votare come il partito maggiore. Resta il fatto che, quando ci fu da decidere sulla missione in Libia, il partito di Di Pietro, assieme alla Lega, votò contro».