Sabato mattina, mentre lo scontro politico iniziava a salire d’intensità e le varie forze si apprestavano a vivere una due giorni di grandi mobilitazioni, il Quirinale, chiarendo i termini dell’incontro tra il Presidente della Repubblica e il premier, ha voluto indicare a tutti alcuni «motivi di preoccupazione» e la «necessità di uno sforzo di contenimento delle attuali tensioni in assenza del quale sarebbe a rischio la stessa continuità della legislatura». Ma una soluzione politica a questa crisi è ancora possibile? «Se vogliamo chiudere questa fase – dice Luciano Violante a IlSussidiario.net -, a mio avviso c’è un solo modo: trovare un’intesa tra maggioranza e opposizione per realizzare le riforme che consentano al Paese di modernizzarsi. Dopodiché si potrà tornare a votare. Naturalmente questa prospettiva esige un responsabile passo indietro dell’attuale Presidente del Consiglio».
In una sua recente intervista, riferendosi al “caso Ruby”, ha dichiarato: «Cose del genere avvengono solo in Italia e in alcuni paesi del Centro e Sud America… C’è un intreccio malato tra indagini e informazione». È il momento che politica, magistratura e informazione inizino a prendersi le proprie responsabilità?
Su questo tema ho fatto volutamente quell’esempio per riferirmi a sistemi che vivono sulla contrapposizione permanente tra parti politiche che non hanno un nucleo di valori comuni.
Detto questo, sono convinto che il problema principale riguardi il costume professionale dei mezzi di informazione. L’analisi e il commento delle inchieste sono necessari e consentono ai cittadini di svolgere una funzione di controllo sui poteri dello Stato. Credo però che la “cronaca per trascrizione” sia davvero discutibile, anche se ogni atto, quando diventa pubblico può essere trascritto. Mi auguro che il mondo dell’informazione si autoregoli, come in passato è stato in grado di fare nei confronti dell’identità delle donne violentate.
Chi ha le maggiori responsabilità in questa vicenda?
Le regole di un paese democratico sono chiare. Bisogna innanzitutto distinguere la responsabilità penale, quella morale e quella politica.
La responsabilità penale viene accertata dalla magistratura e non dal Parlamento. Chi è imputato si difende davanti ai magistrati che lo accusano, mentre il Parlamento non deve trasformarsi in un’ aula giudiziaria di supplemento.
Se un magistrato sbaglia, specie in casi che coinvolgono una delle massime cariche della Repubblica, deve rispondere. Ma dopo che è stato accertato l’errore. E chi ritiene di essere innocente deve contestare davanti al magistrato le prove che sono state addotte nei suoi confronti, comunicando ai cittadini, se si tratta del titolare di una carica pubblica, i fatti che comprovano la sua estraneità alle accuse. Io credo che se l’on. Berlusconi ritiene di essere innocente, questa resta la strada maestra, anche per il suo personale prestigio.
Dal punto di vista politico invece qual è il suo giudizio?
La Costituzione dichiara che chi riveste funzioni pubbliche deve “adempierle con disciplina e onore”. Tutto questo può non valere per chi occupa una delle più alte responsabilità della Repubblica? Oggi l’on. Berlusconi, domani potrebbe essere chiunque altro. La sanzione politica per i casi di responsabilità politica, una volta che i fatti risultino incontestabili, è l’allontanamento dalle funzioni.
Fa riflettere il fatto che Giuliano Ferrara, nella sua manifestazione milanese, abbia invitato il premier a tornare a governare il Paese, ad essere “quello del ’94”. Anche uno dei più irriducibili e più lucidi sostenitori di Berlusconi sottolinea che le vicende private stanno togliendo spazio ai doveri nei confronti del Paese. C’è poi un aspetto morale della vicenda che non possiamo tralasciare.
Ci spieghi meglio.
Va sempre condannato l’uso delle questioni morali a fini politici. Ma questo non vuol dire che non si possano esprimere giudizi morali. Una comunità si tiene insieme per la condivisione di valori morali prima ancora che per i principi politici e per le regole giuridiche. Un Paese è unito e rispettato se ha valori morali. Questo non vuol dire fare del moralismo o del puritanesimo. Vuol dire credere che l’uomo nella sua vita ha compiti e doveri che non dipendono dalle leggi, ma da qualcosa che viene prima di qualsiasi legge, dal suo essere uomo appunto e di appartenere alla comunità umana.
Nei casi di responsabilità morale, poi, la sanzione può essere solo morale, il discredito. Per alcune funzioni pubbliche particolarmente elevate la responsabilità morale può investire anche la sfera politica, quella della credibilità della persona, la sua idoneità a rappresentare le funzioni che esercita . Il fatto che il nostro Presidente del Consiglio venga dileggiato sui giornali di tutto il mondo è un problema che riguarda tutti, indipendentemente dal campo di appartenenza di ciascuno.
Chiarite quali sono le gravi responsabilità della politica, come si risolve il cortocircuito tra giustizia e mezzi di informazione che, ad esempio, mette a disposizione di tutti il contenuto di sms e intercettazioni telefoniche che possono ledere la privacy e la reputazione di persone che magari non sono coinvolte nel processo?
È una questione particolarmente delicata e urgente. L’Ottocento è stato il secolo dei Parlamenti, il Novecento il secolo dei partiti, quello che stiamo vivendo è il secolo dell’opinione pubblica. Dobbiamo ridiscutere lo statuto della informazione giudiziaria nel secolo dell’opinione pubblica. I cittadini devono conoscere per controllare chi esercita il potere, politico, giudiziario, economico. In questo c’è una sorta di funzione costituzionale dell’informazione. Se l’informazione è effettuata non dando le notizie e sviluppando i commenti, ma per trascrizione pedissequa delle conversazioni o per fughe di notizie che devono restare segrete, viene meno la credibilità della giustizia e alla lunga anche la credibilità del Paese.
Perché quanto avviene da noi non avviene in Francia o in Germania o negli Stato Uniti? È una domanda che dobbiamo porci, al di là delle collocazioni di parte perchè riguarda la stimabilità del nostro Paese.
Secondo lei non c’è perciò un uso troppo disinvolto delle intercettazioni e uno scarso funzionamento dei meccanismi di responsabilità quando si verificano ad esempio fughe di notizie?
In Italia il numero di intercettazioni effettuate dall’autorità giudiziaria risulta alto rispetto ad altri paesi perchè da noi si può intercettare solo su autorizzazione del magistrato; in altri paesi, invece, possono farlo direttamente la polizia e i servizi di sicurezza e, quindi, segretamente.
Si potrebbe, per evitare sospetti, quando c’è una fuga di notizie o di documenti, prevedere che ad indagare non sia l’ufficio dal quale è uscita la notizia, ma la procura e il tribunale di una diversa Corte d’Appello. Peraltro non sempre le notizie escono dagli uffici giudiziari. La famosa intercettazione di Fassino che dice “Abbiamo una banca” venne consegnata ai suoi avversari politici direttamente da chi effettuava la registrazione , mentre la magistratura non conosceva neanche il testo di quella telefonata.
Riguardo invece all’uso massiccio di intercettazioni…
In Italia le uniche intercettazioni possibili, a garanzia del cittadino, sono quelle autorizzate dall’autorità giudiziaria. In altri Paesi non è così. La pubblicazione delle stesse (non la trascrizione sui giornali) è poi necessaria per evitare che i magistrati stessi abbiano un potere eccessivo.
Tornando alle vicende politiche di questi giorni, non pensa che la chiusura della stagione del berlusconismo per via giudiziaria e non per via elettorale potrebbe rivelarsi una “sciagura” per tutto il centrosinistra?
Se il premier avesse commesso in privato atti incompatibili con la sua funzione pubblica, non potrebbe certo accusare l’opposizione per essere stato scoperto. Detto questo, non è un caso che Bersani stia continuando a ripetere che il Pd vuole occuparsi soltanto dell’Italia e che egli sia l’unico leader che non si è occupato della vicenda di Arcore. Bersani viene da una scuola per cui un conto è la politica e un conto sono le inchieste giudiziarie.
E come si potrà tornare alla politica?
Se vogliamo chiudere questa fase, a mio avviso c’è un solo modo: trovare un’intesa tra maggioranza e opposizione per realizzare le riforme che consentano al paese di modernizzarsi e a sbarazzarsi di questa indegna legge elettorale. Dopodiché si potrà tornare a votare. Sono convinto che se non si realizza un’intesa per riformare ciò che non funziona nelle istituzioni e ridare slancio all’economia, le elezioni rischiano di non risolvere nulla. Potrebbe anche vincere il centrosinistra, ma ci ritroveremmo comunque al punto di partenza. Mi sembra però difficile aprire questa fase con l’on. Berlusconi a Palazzo Chigi.
A quali riforme si riferisce?
Da anni ormai esiste un pacchetto di riforme su cui c’è una larghissima maggioranza: revisione del sistema bicamerale, Senato federale, riduzione del numero dei parlamentari, rafforzamento del ruolo del Presidente del Consiglio e del governo. Se siamo tutti d’accordo perché queste riforme sono ancora ferme? La stragrande maggioranza degli italiani vuole che sia restituito ai cittadini il diritto di scegliere i propri rappresentanti in Parlamento. Dov’è finito il rispetto per la volontà dei cittadini? Dov’è finito l’entusiasmo per la “legislatura costituente” di cui tutti parlarono dopo le elezioni del 2008? Il sistema sta declinando per la mancanza di queste riforme. Dobbiamo rendercene conto.