Caro direttore,

Tre episodi particolari negli ultimi week end di manifestazioni danno l’idea di un Paese completamente impazzito. Per carità, la si può pensare come si vuole sull’opportunità di certi comportamenti di Silvio Berlusconi e qui non soffieremo sul fuoco di una polemica che spacca in due gli italiani. Ma il tredicenne che parla al Palasharp di Milano, domenica scorsa, insieme a Umberto Eco, Gustavo Zagrebelsky e Roberto Saviano, e fa la lezioncina all’Italia volgare e incolta dei suoi coetanei che guardano la tivù e i videogiochi, dovrebbe provocare una reazione in tutti: chi vuole cacciare Berlusconi e chi invece pensa che debba restare al Governo. Il Giovannino vestito di nuovo, con la felpina grigia che mamma gli comprò, è il figlio della Lupa dell’azionismo italiano, come ha detto non un pericoloso berlusconiano ma Luca Telese de Il Fatto quotidiano. Un giovane virgulto di sane finanze che probabilmente studierà alle scuole americane e non in quello schifo rovinato dalla Gelmini. Bravo nel ripetere i concetti imparati da un mondo di adulti responsabili. Un mondo consapevole e moderno che, per carità, non strumentalizza i minori, che spiega, già ai tredicenni, il rischio dei festini, quelli brutti, cattivi, quelli senza palloncini e il mimo pagato dalle zie. Ecco l’Italia degli anti italiani, che infatti ancora non capiscono perché per quarant’anni in democrazia i nostri concittadini davano tanti voti a Pci e Dc, e nella seconda Repubblica a Berlusconi e alla Lega. Loro che hanno colonizzato e poi devastato la sinistra e che hanno trasformato gli ex comunisti nel partito radicale di massa, secondo la profezia di Augusto Del Noce. Si chiamano popolo ma odiano profondamente il popolo, lo disprezzano, finché non imparerà a ripetere la filastrocca di Giovannino.



Secondo episodio: una delle foto simbolo della manifestazione in piazza di domenica 13. Cartello con su scritto: “Donna doc”, con una freccia rivolta alla signora che lo brandiva. Che significa? Chi le ha dato quella patente, cara donna in piazza? Se l’è data da sola immagino e spero, il cartello è mio e lo gestisco io, risponderà, d’accordo. Il guaio è che lei si sente “doc” e quindi superiore a Ruby. E chi lo dice? La morale comune? Il senso del pudore? Il giudice impegnato della Procura di Milano? È una brutta china quella su cui sta scivolando l’Italia.



Quello slogan rivela un’intolleranza razzista infinita verso tutte le altre donne. Solo noi siamo le donne vere, le donne doc, “L’Italia per bene”, come diceva un altro cartello anch’esso tanto diffuso. Anche qui, penso che i più fermi oppositori di Berlusconi dovrebbero essere i primi ad avvertire rischi enormi, la puzza di bruciato che sale da questi slogan.
Chi divide il mondo in doc e contraffatto è pronto, potenzialmente, a distruggere coloro che non sono simili a sé. La razza ariana era doc. Uomini doc alti, biondi, puri contro gli untermenschen come erano detti i non uomini handicappati, ebrei, omosessuali… Chi si sente per bene e giudica gli altri come per male rischia di far molti danni a se stesso e agli altri.



Terzo episodio. Alla manifestazione “In mutande ma vivi” organizzata da Giuliano Ferrara al Teatro Dal Verme, sabato 12, fra tante ottime orazioni, specialmente quella di Piero Ostellino, ce n’è stata una di Camillo Langone, francamente discutibile. Lo scrittore cattolico ha detto, citando i re biblici poligami Davide e Salomone: “Se Dio ha fatto nascere suo figlio da una catena di re porci, adulteri e omicidi una ragione c’è e devo rispettarla”. Vuol dire che dobbiamo avere re, o Capi di Stato di Governo, porci, adulteri e anche omicidi? Ma come si fa a dire una tale bestialità, anche logica? Se l’uomo Gesù ha avuto dei predecessori immorali dobbiamo essere immorali? O dobbiamo giustificare gli omicidi? Per di più proprio alla vigilia di una domenica in cui il Vangelo ricordava che per essere adulteri basta guardare una donna e desiderarla? È il solito difetto fondamentalista, tirare in ballo Dio e la Bibbia per le proprie mutande.

La vita politica di un Paese diventa plumbea se non c’è ironia, relativismo, arte del compromesso. Vogliamo, noi italiani della maggioranza silenziosa, solo essere amministrati, non determinati dallo Stato. Invece è una fase terribile, in cui molti diventano profeti e non si accorgono di essere violenti.