Dalla prima web radio a Facebook e Twitter, passando per YouTube, l’attività politica del governatore lombardo Roberto Formigoni, oggi al suo quarto mandato, ha saputo restare in questi anni al passo con la tecnologia e le nuove forme di comunicazione. «Questi strumenti mi hanno incuriosito fin dall’inizio – dice a ilsussidiario.net il presidente della Lombardia – perché permettono di raggiungere anche chi non ha un interesse specifico per la politica e ti aiutano a stabilire un confronto quotidiano e non mediato con le persone. Se si pensa alla politica come puro calcolo tutto ciò sembra solo un’imprudenza. Questo però è ciò che mi interessa e che ho voluto realizzare nel nuovo portale (Formigoni.it, ndr). È ora che la politica scenda dal piedistallo e si metta in discussione».



Più che un semplice sito sembra uno strumento pensato per creare una rete su scala nazionale (e forse anche internazionale)…

Nel corso degli anni sono nati spontaneamente dei gruppi che chiedevano una stabilità di rapporto maggiore. Tutto questo, nel tempo, si è integrato con il lavoro tradizionale che svolgo sul territorio nazionale: da Rete Italia, al lavoro delle scuole di politica, a quello del mio partito, il Popolo della Libertà. Sono comunità e idee che si intersecano, si connettono e si alimentano, un po’ come accade nella vita di tutti i giorni. Per quanto riguarda la dimensione internazionale, l’ho sempre ritenuta fondamentale e penso che da noi sia ancora sottovalutata. Nell’era globale è impossibile vivere in un solo paese, bisogna vivere nel mondo. Per questa ragione oggi c’è una sezione inglese e fra poco ce ne saranno di nuove in altre lingue.



Ma cosa significa questo passo nell’attuale quadro politico? I commentatori sono concordi nel segnalare un pericoloso stato di “stallo” e di insopportabile scontro istituzionale, anche se nessuno sembra in grado di indicare uno sbocco naturale e positivo per il Paese.

Innanzitutto occorre dire che la maggioranza c’è, ha retto alle prove di questi mesi ed è in fase di allargamento. Il governo ha i numeri per governare e quindi ha il dovere di farlo. Certo, la situazione non è positiva come a inizio legislatura, c’è stata la dolorosa scissione dei finiani e oggi siamo in presenza di un fortissimo attacco, soprattutto mediatico, ai danni di Silvio Berlusconi. In questo clima, la politica si sta riducendo a gossip e a guerra di tutti contro tutti per annientare l’avversario. Per questo motivo penso che siano utili tutti quei luoghi in cui viene comunicata un’esperienza positiva, dove la politica venga trattata per quella che è e non per la caricatura di se stessa. 



C’è ancora lo spazio secondo lei per tornare a mettere la politica al centro?

È un obbligo e un dovere. È necessario che le persone dall’una o dall’altra parte della barricata tornino a confrontarsi su proposte, anche alternative, ma pensate per trovare una soluzione ai problemi del Paese. Ho apprezzato, ad esempio, l’intervento di Luciano Violante sul vostro giornale. Sono infatti convinto che il governo debba andare avanti a realizzare il programma che ha presentato agli elettori e il quadro complessivo di riforme che ha in mente, laddove però è possibile è giusto cercare un accordo almeno con una parte dell’opposizione. Anche riguardo al federalismo, di cui abbiamo assolutamente bisogno, mi auguro che torni a prevalere il contenuto sulle ragioni di schieramento che hanno inficiato l’ultimo voto.

Ma se dovesse dare un consiglio al premier su come affrontare uno dei momenti più difficili della sua carriera politica, cosa gli direbbe?

Gliene darei due, anche se non ne ha bisogno. Primo: riprenda ad andare a cento all’ora sulle riforme. È il Presidente del Consiglio legittimamente in carica e ha il consenso del Parlamento e del Paese. Il secondo è quello di trovare il modo e il momento, e sono sicuro che lo farà, per dire la sua in maniera organica e completa su questa valanga di accuse che gli è stata riversata addosso. Ho avuto modo di incontrarlo e so che queste sono le intenzioni che ha lui stesso.

In questa fase di difficoltà del premier secondo lei c’è il rischio di un eccessivo sospetto nei confronti di chi, all’interno della maggioranza, ha un proprio consenso personale?

Sarebbe l’atteggiamento più sbagliato, in questo momento di difficoltà c’è bisogno del contributo di tutti. Certo, bisogna evitare che vengano messi in campo i propri personalismi. Chi di noi ha un contributo da dare deve giocarlo per il bene del Paese e dei nostri ideali, ma deve essere guardato con positività. D’altra parte il Pdl è un partito liberale, democratico e pluralista e deve puntare ad allargarsi, non a restringersi. Il mio è un invito a collaborazione e ad allargare il consenso, non certo a realizzare solipsismi che non interessano a nessuno.

La sua proposta di realizzare la “sezione italiana del Ppe” è ancora valida?
 

Assolutamente sì, sto continuando a lavorarci con vari esponenti del Pdl, tra cui Alfano, Fitto, Saverio Romano e molti altri. Non solo, il nostro partito ha preso l’iniziativa di formare una fondazione per il Partito Popolare Europeo, proprio perché ha intuito la bontà della proposta. È assurdo, a mio parere, che partiti che siedono insieme a Strasburgo siano divisi in Italia. Certo, non possiamo nasconderci che sarà un lavoro lungo e doloroso perché la separazione e la contrapposizione è nata su precise responsabilità. Sono però convinto che il futuro del bipolarismo italiano vedrà da una parte i partiti che si riconoscono nel Ppe (alleati con un partito territoriale come la Lega Nord, che non è affatto lontana dalla cultura del popolarismo europeo) e dall’altra, me lo auguro, una moderna socialdemocrazia con la messa al bando dei giustizialisti e degli estremisti.

I più sono però convinti che quando verrà a mancare il collante di Berlusconi il centrodestra rischierà l’implosione…

Guardi, le nostre idee non moriranno mai. I nostri ideali sono quelli del Partito Popolare Europeo: la persona, la famiglia, la libertà, la sussidiarietà, il lavoro, l’impresa. Non solo, anche la forma del Pdl potrà continuare ad andare avanti, a patto che ognuno di noi sappia essere generoso e che non prevalgano personalismi e invidie.

(Carlo Melato)

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