Dopo i rilievi posti da Napolitano al decreto Milleproroghe, il governo pensa a presentare un maxiemendamento prima del testo definito del 27 febbraio.
Il Capo dello Stato invia una lettera ai presidenti di Camera e Senato e per spiegare che il decreto Milleproroghe conterrebbe vizi di incostituzionalità. Stando al calendario previsto inizialmente, dopo l’approvazione al Senato sarebbe dovuto tornare alla Camera prima dell’approvazione definitiva del 27 febbraio. Napolitano, data l’eterogeneità del decreto ha posto il rilievo sulla «prassi irrituale con cui si introducono nei decreti legge disposizioni non strettamente attinenti al loro oggetto», sottolineando che tale prassi «si pone in contrasto con puntuali norme della Costituzione, delle leggi e dei regolamenti parlamentari, eludendo il vaglio preventivo spettante al capo dello Stato in sede di emanazione dei decreti legge».
Secondo il presidente della Repubblica, in ongi caso, non «mancherebbero spazi attraverso una leale collaborazione tra governo e Parlamento da un lato e fra maggioranza ed opposizione dall’altro, per evitare che un decreto legge concernente essenzialmente la proroga di alcuni termini si trasformi sostanzialmente in una sorta di nuova legge finanziaria dai contenuti più disparati».
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E’ possibile che, dopo i rilievi, il governo decida di presentare al più presto un maxiemendamento contenente il testo originario del decreto Milleproroghe, per uscire dallo stallo determinato dalla lettera dell’inquilino del Quirinale che riterrebbe il provvedimento, in pratica, una finanziaria camuffata. «Ritengo possibile – ha aggiunto – anche una almeno parziale reiterazione del testo originario del decreto legge».
Napolitano, infine, avvisa: «Mi riservo, qualora non sia possibile procedere alla modifica del testo del disegno di legge approvato dal Senato, di suggerire l’opportunità di adottare successivamente possibili norme interpretative e correttive, qualora io ritenga, in ultima istanza, di procedere alla promulgazione della legge. Devo infine avvertire che, a fronte di casi analoghi, non potrò d’ora in avanti rinunciare ad avvalermi della facoltà di rinvio, anche alla luce dei rimedi che l’ordinamento prevede nell’eventualità della decadenza di un decreto legge».
Berlusconi, dal canto suo, lette le osservazioni del capo dello Stato, si sarebbe detto d’accordo