Politica e giustizia, uno dei più intricati e irrisolti nodi del Paese torna in primo piano. I processi a carico del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi sono infatti ormai alle porte e il Guardasigilli, Angelino Alfano, ha dichiarato che la più volte annunciata riforma questa volta si farà davvero. E così la discussione è di nuovo aperta: separazione delle carriere, processo breve, intercettazioni, riforma della Consulta e immunità parlamentare, tema quest’ultimo su cui Pier Luigi Bersani ha dovuto porre il divieto assoluto alle trattative per fermare sul nascere le aperture di credito dei democratici Chiaromonte, Sircana e Violante.



Il premier dovrà poi decidere quale strategia adottare in vista del fatidico 6 aprile, data in cui dovrà presentarsi davanti ai giudici di Milano per il “caso Ruby”: legittimo impedimento, conflitto di attribuzioni o improcedibilità? Il nodo è più politico che tecnico e andrà sciolto a breve, mentre i suoi avvocati studiano alcuni precedenti interessanti come il “caso Matteoli”. «Non voglio dare consigli al Primo ministro e ai suoi avvocati – dice il finiano Giuseppe Consolo a ilsussidiario.net -, ma non ci sono dubbi: la competenza è del Tribunale dei Ministri. Purtroppo però ho imparato una cosa: la ragione non esiste, esiste chi ti dà ragione… quindi è inutile parlarne».



Condivide le parole dell’avvocato Pecorella secondo cui il processo è segnato da evidenti stranezze: gli atti non sono stati tutti depositati e il caso non è stato passato al Tribunale di Ministri affinché potesse valutare la ministerialità del reato?

Per quanto riguarda gli atti non saprei. Sulla competenza però la legge n. 1 del 16 gennaio ‘89 è chiara ed è davvero singolare che i giudici si siano impuntati su questo. Avrei capito questo atteggiamento se si fosse trattato della vecchia commissione inquirente, ma questi sono magistrati provenienti dalla magistratura ordinaria ed estratti a sorte ogni due anni. A questo punto Berlusconi potrebbe benissimo presentarsi davanti ai giudici sollevando un conflitto di attribuzioni, spetta però alla Cassazione sistemare le cose.



All’interno di Futuro e Libertà non sono in molti a pensarla così, in passato però lei è stato promotore di un Lodo, che porta appunto il suo nome…

Era un provvedimento di natura esplicativa e non innovativa che avrebbe risolto ogni problema proprio perché avrebbe reso evidente che spetta alla camera di appartenenza il giudizio sulla ministerialità o meno di un reato. Non si capisce, infatti, perché se questo vale per gli articoli 68 e 90, il 96 dovrebbe spettare alla magistratura ordinaria.

Qual è invece il suo giudizio sulle proposte di riforma della giustizia rilanciate dal ministro Alfano?

Il disegno mi sembra buono a patto che non interferisca con i processi in corso. In caso contrario, tutti penseranno che l’obiettivo non è riformare, ma salvare Berlusconi. Che sia vero o no, questo non va bene. Il processo breve, ad esempio, è un principio sacrosanto, ma non deve essere applicato retroattivamente. Sulla riforma della Consulta opterei invece per la “dissenting opinion” tramite legge ordinaria, che costituirebbe un notevole passo avanti.

 

E riguardo alla reintroduzione dell’immunità parlamentare?

 

Non c’è il clima adatto. Quando Giovanni Leone e Palmiro Togliatti la introdussero nessuno ebbe nulla da eccepire. Negli anni però se ne è abusato. Parlarne adesso rischia di farci finire come nel ’93.

 

Da quale provvedimento partirebbe per riformare la giustizia?

 

Dato che non ci sono le risorse inizierei da qualcosa che non costi come la separazione delle carriere, lasciando i pubblici ministeri indipendenti dall’esecutivo. Poi la sentenza contestuale. Oggi infatti i magistrati emettono la sentenza e si riservano di dare le motivazioni soltanto dopo diversi mesi.

 

Passando all’attualità delle vicende politiche, qual è lo stato d’animo all’interno di Futuro e Libertà dopo le ultime uscite eccellenti?

 

Innanzitutto bisogna ricordare a tutti che siamo un partito di destra e di centrodestra e non siamo assolutamente disponibili ad alleanze con la sinistra. Il nostro obiettivo è l’applicazione del vecchio programma che il Pdl non ebbe la forza di realizzare.

 

Mi scusi, ma la collocazione nel Terzo Polo allora come si spiega?

C’è terzo polo e terzo polo, con Casini siamo stati alleati per anni. Dove sarebbe lo scandalo se riproponessimo un’alleanza politica con l’Udc? Ciò che è certo e che non ci alleeremo mai con il Pd e l’Idv.

 

L’emorragia che colpisce Fli non coinvolge però soltanto politici di formazione berlusconiana come Rosso o figure sui generis come Barbareschi, ma anche figure come Pontone, che hanno condiviso per una vita il percorso di Fini. Non è un segnale preoccupante?

 

Io rispetto le scelte di tutti. Quella del Sen. Pontone, vero gentiluomo, è però una reazione in buona fede al “caso Montecarlo”. Chi come me conosce bene Fini sa che è negato a trattare operazioni economiche o immobiliari. Non ci fu dolo, ma leggerezza…

 

Lei perciò rimarrà in Fli anche se è una delle ultime colombe?

 

Assolutamente, sto bene dove sono, anche se ogni tanto leggo sui giornali che starei per andarmene. L’altro giorno qualcuno ha scritto che ero in uscita e pronto a fare il ministro della Giustizia. In un colpo solo il giornalista mi ha messo contro il Pdl, Fli e Angelino Alfano, che è un amico. Che devo fare? “Se tu puoi sentire la verità che hai dette e trasformate dai cattivi per trarre in inganno gli ingenui”, diceva Kipling.

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