Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, alla vigilia del delicato voto della bicamerale sul federalismo, ha rivolto un appello al Paese affinché possa uscire «da una spirale insostenibile di contrapposizioni, arroccamenti e prove di forza». Per giungere alle «annunciate decisioni in nome del federalismo», ha aggiunto il Capo dello Stato, è perciò necessario un «clima corretto e costruttivo di confronto».
«Il Partito Democratico non ha pregiudiziali – dice Walter Veltroni a IlSussidiario.net -, ma oggi è al voto un provvedimento particolarmente pasticciato e gravido di conseguenze negative per il Paese. Alla Lega avevamo detto di scegliere tra un atteggiamento di passiva difesa di Berlusconi e una discussione seria e fattiva sul federalismo. Se oggi ci ritroviamo a discutere i decreti attuativi in una fase politica, ma anche economica e sociale, profondamente modificata in peggio, Calderoli e Bossi sanno bene di chi sono le responsabilità. Non faremo del voto merce di scambio».
Qual è il suo giudizio sul federalismo municipale da ex sindaco della Capitale e cosa risponde a chi rimprovera alla sua amministrazione di aver lasciato in eredità gravi problemi di bilancio?
Guardi, non esiste nessun “buco” del Comune di Roma. La mia amministrazione, come quella di Rutelli, ha ereditato un debito storico. Abbiamo invece contratto dei mutui per far partire l’unico vero buco di cui bisognerebbe parlare: la nuova metropolitana che darà respiro alla città. Un’opera strategica, finanziata con un piano di dismissione di immobili che, se attuato, avrebbe avuto la copertura prevista.
Alemanno, per ottenere più risorse dal governo, usa un argomento sbagliato. Se ci fosse stato davvero il dissesto di cui parla come avrebbe potuto assumere migliaia di persone nelle aziende pubbliche? Governare significa assumersi le proprie responsabilità, non fare come i bambini che danno sempre le colpe agli altri.
Nelle ultime settimane si registra una convergenza delle forze d’opposizione nell’auspicare le elezioni anticipate. Massimo D’Alema le ha invocate proponendo alle opposizioni un’alleanza costituente per un governo di responsabilità nazionale. È la strada giusta secondo lei?
Io ho posto una questione drammatica: è necessaria una svolta per il Paese. Il problema però non è quello di invocare le elezioni anticipate, ma è il premier a dover lasciare il suo posto, ammettendo che ormai non è più in grado di governare. Ne hanno ormai coscienza anche i suoi elettori: l’Italia vive senza avere un governo capace di affrontate i problemi e senza una voce nel consesso internazionale. Le dimissioni del premier sono un passaggio fondamentale, a cui possono seguire diverse soluzioni.
Quali?
Se la destra vuole continuare a governare in questa legislatura deve avere il coraggio di cambiare guida. Altrimenti esiste la possibilità di un governo di transizione. Non parlo del cosiddetto “ribaltone”, ma di un’occasione per dare una risposta seria e immediata ai problemi degli italiani: il lavoro, il rilancio dell’economia, la lotta contro il debito pubblico.
E se il centrodestra rifiutasse entrambe le ipotesi?
A quel punto, piuttosto che proseguire in una situazione di stallo, è giusto ripresentarsi davanti al corpo elettorale, perché il rischio più grande che vedo è proprio quello di restare nella palude.
A una sola condizione, però, che non si ripeta il tragico errore del ’94, quando le nostre divisioni consentirono a Berlusconi di vincere.
A questo proposito, le difficoltà della maggioranza hanno evidenziato ancora di più la mancanza di un’alternativa credibile. Lei ripartirebbe dal suo progetto originario, senza alcun correttivo?
Al Lingotto ho detto che se si va alle elezioni anticipate non possiamo permetterci di perdere. Da questa consapevolezza nasce l’esigenza di costruire rapidamente una vera e credibile alternativa al berlusconismo. Un’alternativa di contenuti attorno alla quale confrontarsi con le altre forze di opposizione. Non parlo di una coalizione “contro”, ma di un progetto capace di parlare ai tantissimi che in passato hanno riposto la loro fiducia nelle promesse berlusconiane e che sono stati amaramente delusi.
Il Pd dovrà poi sciogliere il nodo delle primarie. Alla luce dei fatti di Napoli sono necessarie delle modifiche a questo strumento?
Resto convinto che le primarie non siano un problema, ma un punto di forza costitutivo del partito, tanto più in un momento in cui i sondaggi ci dicono che circa il 40% degli italiani è incerto e rischia di allargare le fila dell’esercito degli astenuti. Le primarie, possono essere certamente migliorate, ma rimangono un grande momento di partecipazione, non solo uno strumento, ma un momento collettivo che investe i nostri elettori e quanti sono attenti alla nostra proposta nella scelta del candidato.
Per questo ho proposto di rendere obbligatorie, per legge, le primarie in ogni partito, nell’ambito di una necessaria riforma della legge elettorale. Sarebbe un modo per costringere tutti a misurarsi con il volere dei cittadini, smettendola con le candidature scelte a tavolino, a Palazzo Grazioli o ad Arcore.
Se il leader del centrosinistra che affronterà le prossime elezioni venisse scelto attraverso le primarie lei è pronto a candidarsi?
Il nostro primo obiettivo, come ho detto, è quello di costruire le condizioni per girare pagina e liberare il Paese dalla morsa berlusconismo-antiberlusconismo che lo ha paralizzato, impedendone la modernizzazione. Questa è l’unica cosa che mi interessa.
(Carlo Melato)