Per la famiglia non c’è una lira del vecchio conio e neanche del nuovo. La denuncia non viene da qualche scalmanato dell’opposizione ma, niente di meno, dal sottosegretario delegato al ramo, Carlo Giovanardi. Un ramo secco, ad ascoltare le sue parole: “Tre anni fa per le politiche per la famiglia c’erano 300 milioni”. Sì, aggiungiamo noi, non è che anche allora si navigasse nell’oro. “Ma oggi ce ne sono soltanto venti e non so neanche se sono disponibili davvero o debba andare a reperirli nelle pieghe dei bilanci regionali”. Resterebbero così senza copertura, tanto per intenderci, gli aiuti alle adozioni internazionali e i fondi per i nuovi nati, a proposito di denatalità.
Ad ogni modo, Giovanardi è arrivato a minacciare le dimissioni salvo constatare poi amaramente “non c’è più niente da cui dimettersi”.
Ci risulta che, come accade in questi giorni un po’ per tutti i “malpancisti” della maggioranza, anche Giovanardi sia stato raggiunto da una telefonata rassicurante – quanto? – del Presidente del Consiglio che poi lo avrebbe incontrato insieme al sottosegretario Gianni Letta promettendogli che i soldi arriveranno in un prossimo decreto che potremmo già battezzare “centoproroghe” essendo destinato, nelle intenzioni, a mettere qualche ulteriore pezza dopo quelle apposte con il “milleproroghe”.
Comunque vada a finire dubitiamo che siano in arrivo novità epocali per la famiglia in particolare per quell’11,3% finito al di sotto della soglia di povertà e costretto a vivere praticamente grazie alla rete di solidarietà delle parrocchie. Tutto ciò mentre in molti continuano a baloccarsi sulla centralità delle politiche per la famiglia (quali?).
È impossibile però non cogliere anche una singolare coincidenza. Il grido di dolore di Giovanardi è risuonato nel giorno stesso in cui la nomina di un altro ex Udc come Saverio Romano alla carica di ministro (alle Politiche agricole) sembrava diventata ormai certa.
“Ma come – avrà pensato Giovanardi, ipotizziamo noi – io ero già ministro e mi ritrovo qui a fare il sottosegretario senza soldi mentre questo qui arriva fresco fresco dalla mia stessa parrocchia e mi passa davanti?”.
Illuminante, al riguardo, un concetto espresso sempre a mezza voce dal ministro Gianfranco Rotondi, che sempre da quella parrocchia proviene: “il fatto è che Berlusconi i democristiani li vuole, ma ad uno ad uno, non tutti insieme”. Le conferme di questa affermazione non mancano e non è neanche necessario ricordare tutti i protagonisti di queste micro-scissioni e micro-profferte. C’è solo da chiedersi, piuttosto, alla luce del grido di dolore di Giovanardi: è questo il modo migliore per far avanzare nelle priorità quegli obiettivi programmatici che a parole tutti si dice di condividere e tutti si sollecita?
Proviamo a essere più chiari: se la Lega avesse difeso la sua strategia federalista andando ad uno ad uno a trattare con Berlusconi avrebbe la stessa voce in capitolo che ha oggi? Potendosi bellamente permettere, peraltro, di trovare i soldi per le quote latte non pagate e di disertare le manifestazioni dell’Unità d’Italia?
Ad esempio, bisogna dare atto a Roberto Formigoni di aver denunciato con forza come la devoluzione alle regioni di alcuni capitoli di spesa senza l’assegnazione delle poste in bilancio relative andasse a penalizzare ulteriormente i servizi e, segnatamente, proprio quelli già al lumicino per la famiglia. Ma anche qui, se il risultato è stato il (tardivo) grido di dolore di Giovanardi il ragionamento di cui sopra non cambia, anzi trova ulteriori conferme.
E, tirando di nuovo in ballo la Lega, non è stato certo bello lo spettacolo che si è parato davanti agli occhi di Formigoni dei banchi vuoti dei leghisti in Consiglio regionale, mentre dietro di lui si coglieva un non meno imbarazzante Presidente del Consiglio regionale, Davide Boni, intento a guardare per terra come per marcare pacchianamente il suo distacco dalle note dell’inno.
In realtà chi avrebbe di più da lamentarsi dell’Unità d’Italia, per come è avvenuta, sono le popolazioni meridionali e la Chiesa. Ma, volendo trascurare in questa sede le polemiche meridionaliste e filo-borboniche (si ricordi solo, per onestà, che la società lombarda Alfa fu salvata dai soldi del napoletano Romeo e che, prima dell’Unità, a Napoli c’era la prima ferrovia italiana) per quanto riguarda la Chiesa ci ha pensato il Papa in persona a sanare la ferita con un messaggio affettuoso per il centocinquantesimo compleanno della “cara Italia”, rivendicando l’“apporto dei cattolici mai mancato e spesso decisivo”.
Che non manchi anche oggi l’apporto dei cattolici è sicuro, che sia decisivo, in queste condizioni è tutto da dimostrare. Spesso costretti a tollerare anche queste bizzarrie della Lega senza nulla replicare per mera convenienza politica e non riuscendo a strappare alcunché, è Giovanardi che ce lo conferma, per quella che tutti i cattolici, ma purtroppo non solo loro, individuano essere come la priorità delle priorità, ossia la famiglia.